Egregio direttore, a scuola studiavamo il Ratto delle Sabine, quasi come una favola, senza intuire il dolore e il dramma legati a ciò. Si provava una specie di «ammirazione» verso i nostri antenati romani! In Nigeria stanno applicando quel modello, come se andassero a funghi o a more! A che livello dobbiamo considerare l'evoluzione del loro cervello? Decenni di colonizzazioni, per lo più non a scopo benefico, non hanno evoluto l'animalità degli esseri umani. Siamo sempre lì, la cuccagna del denaro è il movente e il perno dell'agire, con diversa gradualità e diversa scenografia, ma sempre con lo stesso fine: l'osso denaro, con più polpa possibile! Ridere o piangere?! Grazie per l'attenzione e cordialità.
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Cara amica, sono d'accordo con lei quando osserva che il ratto delle sabine, azione criminale, è registrato nella nostra memoria come un qualcosa di ardimentoso, di divertente, e quasi quasi di romantico. Sono egualmente d'accordo quando afferma che il trascorrere dei secoli o dei millenni non ha molto migliorato l'animalità degli esseri umani (sia scritto senza voler recare offesa agli animali). Non sono invece d'accordo quando lei insiste, dopo aver evocato ratti remoti e ratti contemporaranei, sul denaro come movente o perno d'ogni azione. Lo è in innumerevoli circostanze. Ma per i ratti di giovani donne mi pare che il movente sia diverso.
Ancora una piccola notazione-questa volta di umorismo d'alta lega, a proposito del ratto delle sabine. In un disegno del grande Novello si vedeva una ragazza piangente, sui gradini d'un palazzo dell'antica Roma, con la scritta: «La non rapita».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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