Egregio Mario Cervi, come Lei ben sa, Indro Montanelli è stato il più grande giornalista italiano del Novecento nonchè, tra le tante cose, il fondatore del Giornale di cui Lei fa parte. Quando si verificò la spiacevole rottura tra lui e Berlusconi, che era l'editore, la direzione passò a Vittorio Feltri, le cui idee e metodi di impostazione del quotidiano possono essere condivisibili o no. Ma tengo a sottolineare un dato: sotto la gestione Montanelli, il Giornale vendeva circa 120mila copie (che non è poco), e quando arrivò Feltri la tiratura raggiunse quota 220-230mila. A suo avviso non ci troviamo davanti a uno di quei casi in cui l'allievo ha superato il maestro?
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Caro Vallarino, lei ha ragione. Nessun giornalista del Novecento potè superare o eguagliare Indro Montanelli per magia di scrittura, carisma, autorevolezza. Ma nell'incrementare le vendite dei giornali l'allievo Feltri è stato più bravo del maestro. Montanelli ha dato al Giornale l'impronta del suo liberalismo (con venature anarcoidi). Gli autentici liberali italiani leggevano molto ma erano relativamente pochi. In parallelo al Giornale, Feltri seppe rivolgersi al pubblico di centrodestra con una testata, L'Indipendente, da lui raccolta quando era moribonda e miracolosamente rivitalizzata. L'Indipendente, al di là d'un sottofondo leghista, appagava la fame di antipolitica che tra i moderati serpeggiava. Quando Feltri subentrò a Montanelli nella direzione del Giornale i suoi tifosi dell'Indipendente lo seguirono. Così si spiega che il Giornale, anziché perdere copie per l'addio di Indro, ne abbia guadagnate. Questa constatazione non toglie nulla all'irraggiungibile statura giornalistica di Indro.
In cultura e anche in politica le vendite e i consensi non sono l'unico metro di giudizio (anche per le vendite Indro non poteva lamentarsi). Ma credo non ci siano dubbi sul fatto che in edicola Vittorio ha battuto Indro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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