la stanza di Mario CerviLady Matacena in manette, una scena triste e grottesca

Vedere la signora Rizzo, innocente fino a prova contraria, circondata da agenti e fotoreporter come se fosse la «diabolica» Eva Kant mi ha letteralmente disgustato. Ancora una volta abbiamo dimostrato al mondo quanto siamo barbari, a quanto pare la lezione della vicenda Tortora ai nostri giustizialisti non è servita, anzi continuiamo senza pietà a sbattere il mostro in prima pagina, che vergogna! Altro che essere orgogliosi di essere italiani quando la nostra magistratura mette le manette a una donna a uso e consumo dei media, alla faccia della tanto decantata privacy, e poi con gli angioletti dei centri sociali batte in ritirata. Un po' di rispetto verso un essere umano costa così tanto?
Varese

Caro Bernasconi, lo spettacolo della signora Rizzo - che si è volontariamente consegnata alla giustizia italiana - messa in manette è stato senza dubbio indegno. Come secondo me sono frequentemente indegni gli arresti di personaggi in vista, con sgommare d'automobili e pavoneggiarsi di funzionari (lo scrivo ribadendo la mia ammirazione per le forze dell'ordine). Forse le sue espressioni, «abbiamo dimostrato al mondo quanto siamo barbari», suonano troppo severe in un mondo dove imperversano le esecuzioni capitali e la tortura. Ma vorremmo un minimo di rispetto nei confronti d'ogni cittadino, noto o ignoto, che viene arrestato. Quel trattamento dovrebbe essere archiviato per sempre. Immagino che esista una qualche norma procedurale in base alla quale le manette di lady Matacena erano doverose. Se esiste è sbagliata e va subito revocata. Mi chiedo se l'ordine di ammanettare la signora sia derivato dall'ottusa cecità dei regolamenti o dalle disposizioni d'un magistrato. Quale che sia la risposta, i regolamenti vanno cambiati e i magistrati chiamati a principî d'umanità, oltre che di legalità.

La vicenda ha un aspetto ridicolo e avvilente insieme perché certe severità, comprensibili quando si ha a che fare con pericolosi criminali, appaiono insensate se si ha a che fare con una donna - presunta innocente - che volontariamente si sottopone alla legge del suo Paese.

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