la stanza di Mario CerviL'Italia non è una superpotenza, ma nemmeno una scartina

Vari quotidiani scrivono di una telefonata tra Obama ed Enrico Letta. Si enfatizza il fatto che Obama pare preoccupato dalla disoccupazione italiana. Ma chi è il cretino che crede a una scemata simile? Che cosa può interessare a Obama della nostra disoccupazione, se contiamo come il 2 di picche nel mondo? Questi giornalisti supinamente schierati alle veline dell'agenzia Stefani ci raccontano emerite palle. Un po' (in scala 1 a 10) come se Letta telefonasse a San Marino preoccupato per lo stesso motivo
Milano

Ho sempre deplorato certa spavalderia nazionalistica che ingigantisce i meriti dell'Italia e ne ignora i demeriti. Siamo ormai vaccinati da tempo - dolorosamente vaccinati a causa di grandi sventure - contro la retorica smargiassa e velleitaria del tempo fascista. Ma ritengo eccessiva e ingiusta l'autoflagellazione che lei vorrebbe imporci per la colpa d'appartenere a una - secondo lei - povera e desolata penisola. In quest'ottica i mezzi d'informazione imbottiscono di fandonie gli sventurati cittadini, disposti per loro ignoranza a lasciarsele propinare. Alla stampa italiana può essere rivolta ogni accusa, ma non quella di formare un coro unanime e compiacente. Tra il Giornale e Il Fatto di Travaglio qualche differenza mi pare di notarla. Non è vero che nel mondo contiamo come una scartina. Non siamo una grande potenza, ma siamo una media potenza importante, ci collochiamo, se ben ricordo, al settimo posto per capacità industriale, un default italiano travolgerebbe l'Unione Europea. Non vorrei che queste righe fossero viste come una giustificazione dei mali italiani. Sono tra coloro che quotidianamente li sottolineano. Ma uno come Obama che è a capo della superpotenza planetaria e che influenza - e si fa influenzare - dovunque, deve ragionevolmente preoccuparsi della disoccupazione italiana, così come noi dovremmo preoccuparci dei crolli bancari statunitensi nei quali fummo purtroppo coinvolti. L'Italia non detta legge, molti le addebitano anche l'appartenenza a un'Ue sempre più divisa (e sempre meno popolare nei sondaggi).

Ma questa Europa in braghe di tela ha varato una moneta che vale un terzo più del mitico dollaro, tanto che gli esportatori si lamentano per il livello troppo alto dell'euro. Sulla scena del mondo non siamo protagonisti, ma nemmeno comparse. Tante cose vanno male. Tuttavia - l'ho già scritto e lo ripeto - apparteniamo all'area privilegiata dei Paesi sviluppati e ricchi, e dei Paesi liberi.

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