la stanza di Mario CerviNel bene e nel male parlare di razze ha una carica esplosiva

Non abbiamo compreso completamente il significato del termine «razzismo». Se il razzismo assurge a pura violenza verso la diversità del prossimo ci fa meritare l'inferno e punizioni legali che non ammetterebbero perdoni né tantomeno soluzioni. Ma dobbiamo, per pura autodifesa, non dare a certe etnie valide giustificazioni e un frainteso senso di pietas. Essere in certi frangenti attenti ai pericoli delle diversità non è sempre un disvalore. Il buonismo, la tolleranza la falsa empatia non hanno, spesso quel ritorno che ci aspetteremmo. Gli uomini non sono tutti uguali, anche se lo vorremmo. Ci sono popoli e razze (brutto termine ma tant'è) che coltivano storie e un'antologia esistenziale tutt'altro che morale e onesta. Ci sono diversità che assurgono a puro autoritarismo, toccando livelli di alta delinquenzialità. L'educazione, il senso della legalità sono pure illusioni. Chi emigra è certamente una persona sofferente e la stessa idea di morte non lo spaventa più di tanto. Servirebbe un egoismo altruistico per convivere con questa asfissia vitale. Sia chiaro, dobbiamo condannare la delinquenza di qualsiasi razza, ma il razzismo non è nato per caso. È stato ed è sfruttato ma chi suo malgrado lo rappresenta e lo rende visibile si faccia un esame di coscienza e non d'incoscienza.
Piano d Follo (La Spezia)

Caro Gangi Chiodo, sono del tutto d'accordo con lei quando sostiene che il buonismo, la tolleranza, la falsa empatia non hanno ritorni positivi perché i pericoli delle diversità esistono. Nel comportamento gli uomini non sono tutti uguali, e neppure i popoli. Quando gli imperi coloniali ancora esistevano gli apostoli d'un terzomondismo utopistico ci raccontarono che, una volta liberata dall'oppressione degli europei rapaci, la gente d'Africa avrebbe conosciuto un'aurora di prosperità e democrazia. L'indipendenza ha invece generato satrapie avide e spesso crudeli, dittatorelli pomposi, lo sfascio delle strutture civiche che, con tutti i suoi egoismi, l'uomo bianco aveva lasciato. Fin qui sto dunque con lei. Non ci sto più se lei afferma che «ci sono popoli e razze che coltivano storie e un'antologia esistenziale tutt'altro che morale e onesta». Non nego le differenze, fatte pesare un tempo anche agli emigranti italiani. Sottolineo soltanto il pericolo che comporta l'attribuire determinati difetti e disvalori non a singoli individui, ma a intere etnie, segnate globalmente e irrimediabilmente da un marchio d'inferiorità. Questo tipo di ragionamento - che può trovare nella realtà validi avalli - ha portato, in estremo, alle efferatezze razziste.

Allo sterminio degli ebrei, veleno del mondo, e alla discriminazione contro i neri - preceduta dallo schiavismo - nel sud degli Stati Uniti. È materiale argomentativo, quello delle razze, che ha avuto e può ancora avere una carica esplosiva.

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