la stanza di Mario CerviQuelle vittime innocenti «giustiziate» dai lapsus giornalistici

Ho appreso dal notiziario di Radiouno delle ore 7 che in Mali due giornalisti francesi sono stati «giustiziati» (sic). Poiché da altre fonti apprendo che vi è stato il rapimento di due persone legate al giornalismo francese, e che queste due persone sono state ritrovate assassinate senza che fossero state sottoposte a processo, mi chiedo se non si configuri qui il reato di diffusione di notizie false da parte di un organo statale (la Rai). Oppure si tratta di uno dei soliti casi di malogiornalismo, dovuto alla sempre più diffusa ignoranza della lingua italiana. Mi chiedo anche se non debba occuparsi della cosa l'Ordine dei giornalisti. Non è la prima volta che noto quest'uso improprio e offensivo del verbo «giustiziare». Lo trovo esasperante fin dai tempi del delitto Moro: anche lui, per il nostro giornalismo, è stato spesso presentato a lettori e ascoltatori come «giustiziato» dalle Br!
Romano d'Ezzelino (Vicenza)

Caro Ziso, l'espressione da lei ascoltata è senza dubbio molto impropria. Non mi spingerei tuttavia fino al punto di bollarla come diffusione di notizie false (diffusione, chiarisco, consapevole e intenzionale). È capitato anche a me, talvolta, di rilevare il cattivo uso del termine «giustiziato» quando la giustizia non c'entra proprio niente, c'entra invece la più abbietta criminalità. Si tratta d'uno spiacevole lapsus giornalistico, e sapendo con quanta facilità si possa incorrervi non butto la croce addosso a nessuno. Ben diverso diventa il discorso se il termine «giustiziati» - anziché assassinati - è nei comunicati delle Brigate Rosse o di analoghi gruppuscoli che considerano l'eliminazione degli avversari un supremo atto di rivalsa sociale. Per loro Aldo Moro e la sua scorta erano stati, appunto, «giustiziati». Ma entriamo qui nella stralunata logica delinquenziale degli estremisti, siamo su tutt'altro terreno linguistico. «Assassinato» e «giustiziato» non sono sinonimi, e ci mancherebbe che li ritenessimo tali. Nelle cronache figura abitualmente un'altra sinonimia molto meno grave ma arbitraria, quella tra «vittime» e «morti».

Si legge frequentemente che, poniamo, per un'alluvione si sono avute tre vittime, dieci feriti, molte case danneggiate. Quasi che i feriti e i colpiti in altra forma non fossero anche loro vittime. Sono queste, si dirà, pignolerie oziose. Ma l'essere precisi non è un difetto.

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