Sono la voce del nuovo Libano, che vuole dimenticare il massacro della guerra civile ma anche i nuovi venti di guerra che soffiano dalla Siria, fra Hezbollah e Israele. Sono i cantanti dell'ultima generazione, capaci di unire le sonorità classiche della musica araba con il pop, il rock, fino al rap, senza perdere la loro unicità. Un fenomeno da decine di milioni di dischi, che plasma la lingua della strada in un nuovo dialetto capace di raggiungere tutto il mondo arabo e oltre. Marocco, Oman, Dubai, Stati Uniti, Brasile. Le star assolute sono due donne, Nancy Ajram ed Elissa.
Nancy, 35 anni, nel 2008 si è aggiudicata il World Music Award. Dal 2007 ha venduto oltre 30 milioni di dischi. Ha milioni di fan dai 7 ai 70 anni. I suoi video sono girati in atmosfere rarefatte, la musica è struggente. Indossa spesso abiti da sogno. È una fan di Célin Dion, le sue canzoni la «ispirano molto», ama «le vecchie canzoni di Chris Deburge», ed è cresciuta «ascoltando Oum Koulthoum e la vecchia musica tarab egiziana». Su di sé racconta: «Sono la stessa sul palcoscenico e nella vita, le persone sentono che non metto barriere». Nancy è stata anche nominata ambasciatrice di buona volontà per l'Unicef: «Mi sento vicina a tutte le donne, voglio che siano libere come me». Una delle sue ultime hit è El Hob Zay Watar, «L'amore è proprio come gli archi», una musica che può «viaggiare in tutto il mondo, senza lasciare il suo posto, e vedere le cose più incredibili, il mio cuore quando si è innamorato, si è sciolto ed è guarito». Nancy racconta a Il Giornale che «l'amore è cura, rispetto, comprensione, devozione, sacrificio. È il grande ensemble che racchiude tutto ciò che abbiamo di buono dentro».
Anche Elissa, 46 anni, ha fatto gli stessi numeri di Nancy ed è una delle star più ricche del Libano con un reddito superiore a 40 milioni di dollari. Ha venduto più di 30 milioni di album. Ed è il personaggio arabo più seguito sui social network. Lei il World Music Award lo ha vinto per ben tre volte, nel 2005, 2006 e nel 2010. I testi raccontano amori perduti e tristi, i video sono in ambienti sofisticati, orientaleggianti ma dal lusso occidentale. Nelle sue canzoni ha unito due universi: la musica tradizionale orientale e quella pop. Studiava scienze politiche ma la svolta è arrivata quando si è presentata a uno dei talent show che impazza in Libano, Studio el-Fan. Elissa racconta: «Non mi piacciono i compromessi, per questo o mi ami o mi odi. Ma per me la cosa peggiore è l'indifferenza». Un motto di vita che è riassunto nel titolo dell'ultimo album Odiami: «Senti qualcosa verso di me, odiami! Arrabbiati quando mi vedi, guardami in modo crudele, in questo modo mi metteresti a mio agio. Non ti voglio, ma non voglio che tu mi dimentichi».
Ma l'ultimo fenomeno, di dieci anni più giovane è Ziad Bourji, che con la struggente Shou Helo ha eguagliato le rivali. «Quanto è bello il mio amore. Guarda questa luna. Giuro sulla mia vita: nessuno lo renderà di nuovo triste». La nuova generazione affonda però le sue radici in un passato glorioso, mitico, nelle canzoni di Fairuz, Dalida, Sabah. Le cantanti di maggiore successo della musica araba del ventesimo secolo. Il presente e il passato sono profondamente legati, spiega Bachara Maroun, critico musicale libanese: «Le nostre canzoni pop raccontano l'egoismo in amore, la sofferenza, la solitudine. Ma ci sono anche pezzi patriottici, l'attaccamento alla propria terra, come la straziante Li Beirut di Fairouz».
Questo doppio registro si è mantenuto anche adesso, per esempio con la stessa Elissa, sottolinea ancora Maroun. E lo stesso si può dire del duplice polo della musica araba: Libano ed Egitto, «perché questi due dialetti sono compresi più facilmente in tutto il Medio Oriente». Rispetto a trenta o quarant'anni fa le canzoni sono più commerciali e la musica occidentale influenza molto la musica mediorientale ma «i cantanti attuali provano una sorta di nostalgia nei confronti della tradizione». Anche perché Fairouz, a 83 anni è ancora sulla cresta dell'onda, dopo aver venduto oltre cinquanta milioni di album. Il duello fra le due giganti del Novecento, la libanese Feirouz e la egiziana, e un po' italiana, Dalida, si è giocato anche su questo registro. Helwa ya baladi, «Bello il mio paese» continua a ipnotizzare i fan anche più giovani: «Una bella parola, poi un'altra, una bella canzone, poi un'altra: il mio paese è bellissimo. La mia speranza è sempre stata di tornare e stare con te per sempre». Parole dedicate all'Egitto ma che riecheggiano anche l'altro grande amore impossibile, quello per Luigi Tenco. La vita di Dalida è stata segnata dal suicidio del cantautore italiano finché non si è tolta la vita anche lei. Da star è diventata un mito. Un solo numero: 170 milioni di dischi venduti in tutto il mondo.
Oggi il derby con l'Egitto si gioca fra il fenomeno Abu, che con Talat Daqat ha fatto ballare gli arabi per tutta l'estate, e le nuove star libanesi. La musica pop libanese spopola all'estero anche perché ha come ambasciatori i 14 milioni di libanesi della diaspora. Il mercato va dal Brasile, al Belgio, dal Canada ai Caraibi. Ma la ricchezza dell'offerta è da attribuire alla grande libertà che si respira nel paese. I cantanti possono esibirsi come preferiscono, sia nei testi sia nell'abbigliamento, specie per le donne, in abiti succinti e attillati che non potrebbero indossare nel Golfo, ma ora neppure in Egitto. Così molti show musicali della regione sono girati qui, a partire dal seguitissimo Studio El Fan. Il Paese dei cedri continua a reggere la concorrenza con le sue infinite risorse creative, e Beirut rimane il centro di produzione musicale più libertino di tutto il Medio Oriente.
Come spiega Nancy: «Beirut è una città unica al mondo. Riunisce diversi livelli sociali, credenze religiose, gruppi etnici, background culturali Questo meraviglioso mix crea una città che non può essere trovata da nessun'altra parte».
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