Stasi, la nuova vita di un ragazzo di provincia

RINASCITA Domenica per la prima volta Alberto al cinema senza nascondersi E stasera parlerà a Matrix

Si è presentato così Alberto, cappellino in testa, giacca e jeans azzurri, a fare la fila al cinema di Parona Lomellina, il multisala tra Mortara e Vigevano. In coda a comprare le caramelle con gli amici di sempre. Una domenica da ragazzo qualunque quella di Alberto Stasi, il pranzo di Pasqua in famiglia, la sera al cinema, con la stessa compagnia di ragazzi con cui usciva anche con Chiara Poggi.
Sono passati più di due anni da quel terribile 13 agosto. Chiara, 26 anni era stata ritrovata nella sua villetta di Garlasco, dove viveva con mamma e papà. Il corpo sulle scale della cantina. Non c’erano segni di scasso, la vittima aveva aperto all’assassino. A dare l’allarme era stato lui, Alberto, il fidanzato. Gli inquirenti cercano le tracce, quelle lasciate in bagno, quelle sulla bicicletta di Alberto, le scarpe di Alberto, le telefonate di Alberto, gli alibi di Alberto. Ma resta un giallo. Qualcosa non torna mai. I sospetti della gente che gli cadono addosso, la famiglia di lei che all’inizio lo rassicura, lo consola, poi l’allontanamento, la diffidenza che si insinua anche tra loro, i processi, le accuse. Stasi va a processo, come unico imputato. Una vita parallela quella di Alberto, perché intanto lui va avanti, si laurea alla Bocconi, alcune foto lo pizzicano mentre è a Milano, sui navigli, forse una nuova fiamma, dicono i gossip. A Garlasco non si fa vedere, è prudente, in questi due anni Alberto resta nascosto. Evita la piazza, non va a comprare il giornale in edicola, non si ferma al bar a prendere il caffè. Resta in disparte e aspetta. In tribunale la spunta. Assolto in primo grado.
La vita di Alberto allora ricomincia da qui. Erano due anni che non lo si vedeva da queste parti. A Garlasco, diecimila abitanti, Alberto si noterebbe subito. Ogni tanto si vedeva sfrecciare in auto, a piedi girava sempre con occhiali e cappello, il collette della giacca sempre alzato e testa bassa. Camminava veloce senza guardarsi troppo in giro. Oggi no. Oggi passeggia tranquillo, è rilassato, ha lasciato gli occhiali da sole in casa. Non vuole più nascondersi, si mescola tra la gente, si confonde in una domenica qualunque. Alberto torna a essere un ragazzo di provincia e getta la maschera. Per questo ha accettato di presentarsi a Matrix. Stasera l’Italia intera lo vedrà come un fiume in piena a parlare di sé, della sua storia, del processo e della sua assoluzione. Lui, jeans e maglietta verde che commosso racconta di Chiara: «Per me era 4 anni della mia vita, la persona con cui mi confidavo, a cui chiedevo aiuto, con cui risolvevo i problemi della vita quotidiana che tutti abbiamo. Per lei io ero lo stesso. Lei era semplice, tranquilla, solare». Più di due anni di grigio per Alberto, senza sapere che cosa sarebbe successo. Parla di errore, Alberto. Il verdetto è come un sospiro di sollievo, la vita che ricomincia, senza scarti, senza più zone d’ombra. Alberto ha raccontato quel giorno in aula: «Non temevo la condanna, con la mia coscienza sono sempre stato a posto. Non ho mai avuto nulla di cui rimproverarmi; anche quando sono stato ingiustamente portato in prigione, il giudice ha subito riconosciuto l’errore che era stato commesso.

Naturalmente per una persona che viene accusata ingiustamente per così tanto tempo, più di due anni, l’assoluzione è il risultato che si è cercato per tutto il tempo». E oggi Alberto guarda tutti dritto in faccia. Senza più nascondersi tra il cappellino e gli occhiali.

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