Statali, i sindacati lanciano l’ultimatum al premier

Cgil, Cisl e Uil confermano lo sciopero e minacciano il «no» su tutti i fronti. Il Professore: questo è un ricatto

da Roma

Senza accordo sugli aumenti per gli impiegati pubblici «gli altri tavoli non hanno senso». Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani ha così vanificato ogni tentativo governativo di contenere la vicenda degli statali entro i limiti delle relazioni sindacali. L’alternativa, a questo punto, è tra un accordo e lo stop al confronto su tutti gli altri temi, comprese pensioni e sviluppo.
Ieri mattina Epifani, il leader della Cisl Raffaele Bonanni e il segretario confederale della Uil Paolo Pirani si sono presentati a Palazzo Chigi dove era in programma un incontro tecnico sulla produttività. Una mossa a effetto per dimostrare «l’irritazione» dei confederali per il rinvio della riunione all’Aran che avrebbe dovuto fare chiarezza sugli aumenti da 101 euro. E lì i sindacalisti hanno confermato la linea dura che si traduce nella conferma dello sciopero del primo giugno, al quale si aggiungerà anche una manifestazione nazionale a Roma. Sul piede di guerra anche l’Ugl, con il segretario generale Renata Polverini, che non esclude uno sciopero generale.
Anche per il governo si sono mosse le pedine più importanti. Prodi ha incontrato personalmente i tre leader sindacali e ha chiesto di evitare una «contrapposizione lacerante» e si è appellato affinché le parti non si arrocchino. Poi, però, ha bocciato la protesta sostenendo che «lo sciopero è un diritto costituzionale, ma non deve diventare arma di ricatto». Benzina sul fuoco delle polemiche. Parole che sono sembrate eccessive anche al centrodestra, tanto che il leader di An Gianfranco Fini ha definito quella di Prodi «arroganza fuori luogo».
Un comunicato di Palazzo Chigi ha comunque assicurato che la trattativa continuerà a condurla il premier «in prima persona». Un modo per coprire e garantire il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa. E, forse, anche per fermare chi, come il vicepremier Francesco Rutelli, ieri in via riservata si è proposto come mediatore. La ricetta del presidente della Margherita per superare lo stallo sarebbe un allungamento della durata del contratto a tre anni. Un modo per garantire un risparmio sul medio termine e rispettare i patti. Senza escludere meccanismi per premiare la produttività.
Se la soluzione dovesse invece rimanere confinata alle richieste economiche, gli spazi si ridurrebbero ulteriormente. Mancano 600 milioni, anche se il segretario confederale della Cisl Gianni Baratta ha sottolineato che, se si tiene conto delle maggiori entrate fiscali, la cifra si riduce a 300 milioni. L’onere potrebbe ricadere interamente sulla prossima Finanziaria. C’è poi l’ipotesi di usare parte del tesoretto, che però è stato già impegnato dal governo.
Il tempo è comunque poco. Per trovare una soluzione il governo «ha 24 ore» ha avvertito Bonanni uscendo dall’incontro di ieri. Rimane forte il sospetto dei sindacati che qualcuno nel governo miri a far saltare il tavolo e approfittarne per non cambiare nulla, nemmeno sulle pensioni lasciando in vigore la riforma Maroni, che garantisce i risparmi richiesti da Bruxelles. Il pensiero va quindi a Padoa-Schioppa, che in realtà ieri è apparso disponibile e fiducioso: «Una soluzione si troverà».
Forse perché - osserva una fonte governativa - non ci possiamo permettere di aprire un altro fronte con la sinistra radicale. Come quello, già caldissimo, delle pensioni. Ieri c’è stato lo sciopero allo stabilimento Fiat di Mirafiori.

Un atto grave per il governo che il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero ha però definito «una buona notizia». Episodio, ha osservato Maurizio Sacconi di Forza Italia, «incredibile» che «avvicina al ridicolo» e il suo governo «a partecipazione marxista».

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