«È stato lui» Parolisi resta in cella

Niente complici. Per il Tribunale del Riesame dell'Aquila Salvatore Parolisi avrebbe ucciso la moglie ventinovenne, Melania Rea, da solo. Aveva un unico «ben probabile movente». Era «stretto tra due fuochi», si legge nell'ordinanza depositata ieri dal giudice Giuseppe Gargarella, che ha confermato la reclusione del caporalmaggiore. Secondo il collegio giudicante, Parolisi era animato dalla volontà di depistare le indagini sin dall'inizio. Aveva scelto di stare con la sua amante, Ludovica. Sua ex allieva.
Aveva chiesto un altrimenti immotivato trasferimento a Sabaudia, a cui la moglie si sarebbe opposta. E non aveva più scelta. Uccidere e negare. Omicidio, secondo il Riesame, commesso «in relazione al rapporto con Ludovica», inquinando le prove in modo inquietante come avrebbe fatto sin dall’inizio. Parolisi avrebbe inciso la croce sul corpo di Melania in un lucido tentativo di depistaggio, lasciando poi sul corpo anche una siringa trovata nel bosco delle Casermette di Ripe. Ecco perché il Riesame ha sentenziato che il militare deve restare in carcere. Potrebbe inquinare le tracce con altri tentativi. I pm di Teramo lunedì hanno allegato una memoria di controdeduzioni per far fronte alle obiezioni degli avvocati, che si sono avvalsi di un pool di esperti con l'obiettivo di smontare gli indizi accusatori. Ma il Riesame, che ha analizzato la memoria difensiva in due tempi, non ha accolto nessuna obiezione, della difesa o dei periti. Intanto le indagini proseguono.

Ieri i carabinieri hanno individuato gli indirizzi di transessuali nel pc di Parolisi, perché è pur vero, ammette anche il Riesame, «che vi sono elementi che potrebbero far pensare a una situazione sottesa alla caserma».

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