RomaIl modello di Stato sociale scandinavo è morto e sepolto; il leviatano italiano della spesa no. Secondo la vulgata siamo stati travolti da tutte le rivoluzioni liberiste che hanno attraversato il mondo negli ultimi 30 anni, ma dati e cronache dicono il contrario.
Da noi lo Stato cè e continua a crescere. Soldi sottratti ai cittadini attraverso imposte e tasse, vengono redistribuiti secondo logiche che sono, nella migliore delle ipotesi, politiche, nella peggiore clientelari. Soldi che, se rimanessero nelle tasche degli italiani che non evadono le tasse, sarebbero sicuramente più utili.
Il fatto è che la nostra spesa è imponente e inefficace, capace di concedere poco a misure propriamente sociali e, al contempo, includere sussidi e bonus a sostegno delle attività più varie e inutili.
Basta prendere una singola voce del bilancio pubblico per rendersene conto. I trasferimenti in conto corrente che lo Stato dà, a vario titolo, alle famiglie sono cresciuti del 30 per cento nel giro di 10 anni. Dai 181 miliardi del 1996 ai 273 del 2007. Crescita con il turbo anche in questi anni di vacche magre, tanto che nel 2010 supereranno i 300 miliardi di euro. Un quinto del Pil.
Questo, a fronte di pochi euro che ti accompagnano fin dalla nascita. Ci sono i bonus bebè, che da questanno è diventato un prestito di 5mila euro rimborsabili in cinque anni, garantito dallo Stato, al quale vanno aggiunti quelli decisi dai singoli Comuni. Ultimo balzato agli onori delle cronache quello del comune di Palazzago (Bergamo): 258 euro per i nuovi nati, ma solo se un genitore è italiano. Non sono scomparsi i sussidi per le famiglie numerose. Come quello della regione Marche che va da 400 euro (4 figli) a 800 (8 figli). Appena fuori dalla culla, il cittadino assistito può usufruire dei bonus per le scuole previsti da alcune regioni che possono arrivare a 1.500 euro. Se mette su famiglia, può grattare qualche euro di Stato, dagli incentivi per auto o elettrodomestici.
Se alcune misure rimangono nel perimetro di un normale «Welfare state», resta difficile giustificare la valanga di sussidi e prebende che stato e autonomie locali continuano a dare ai privati per finanziare attività che è difficile considerare di utilità pubblica. Si va dallo spettacolo, con i sussidi per il circo, che vanno da 5mila a 400mila euro, allo sport, con finanziamenti a pioggia alle associazioni dilettantistiche e finanziamenti per chi costruisce stadi e palestre, per i quali è stata addirittura costituita una banca pubblica. Labile uomo sportivo assistito, in Sicilia prospera grazie a finanziamenti che coprono le discipline più bizzarre o a rischio estinzione, come la palla tamburello (fino a 620 euro lanno), il tiro alla fune (125 euro), e giù fino allesotico Wushi Kung Fu. Guai a toccare le prebende a meno che non si voglia essere accusati di macelleria sociale.
Foltissima la lista delle attività agresti finanziate della mano pubblica, se è vero che si danno soldi a chi sfalcia i prati dopo il 15 giugno nelle zone montane. Anche lEuropa ci mette lo zampino, con un finanziamenti per lacquisto di montoni riproduttori e per la coltivazione del pungitopo. Nel caso dellUe la spinta al sussidio è il protezionismo. E si arriva al paradosso che si finanzia (fino a 14mila euro lettaro) chi impianta viti, ma anche chi le espianta e lascia libere quote protette.
Lo Stato - o lente locale - interventista accompagna la vita del cittadino, anche quando vuole fare limprenditore. Coccola piccole aziende e professionisti, con finanziamenti per giovani e donne e prestiti donore. Poi, magari soffoca gli stessi assistiti, con la sua burocrazia.
Se emigri, ti fa rientrare offrendoti 2mila euro, così, se te ne stavi a lavorare in Germania con un superstipendio, ti puoi reinsediare in Molise, regione con il tasso di disoccupazione a due cifre.
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