Stipendi pubblici: una legge vanifica i ricorsi anti tagli alla Consulta

Roma C’è un’altra norma della manovra a destare scalpore, ma sembra che tra i pubblici dipendenti per ora se ne siano accorti solo i magistrati. Molto preoccupati, perché vanificherebbe qualsiasi ricorso contro i tagli economici, compresi quelli alla Corte costituzionale o alla Corte di giustizia Ue. Nella bozza si dice che se una pronuncia di incostituzionalità o comunque un provvedimento giurisdizionale, vanificasse gli effetti economici della manovra, gli stessi importi complessivi previsti dai tagli potrebbero essere recuperati l’anno successivo. Un modo, per le toghe, di privare preventivamente di efficacia le decisioni della Consulta o di altre Corti.
Il comma 7 dell’articolo 16, sul «Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico», dice: «In ragione dell’esigenza di un effettivo perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea relativamente alla manovra finanziaria per gli anni 2011-2013, qualora, per qualsiasi ragione, inclusa l’emanazione di provvedimenti giurisdizionali, non siano conseguiti gli effetti finanziari utili conseguenti, per ciascuno degli stessi anni 2011-2013, alle disposizioni di cui ai commi 2 e 22 dell’articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, i medesimi effetti finanziari sono recuperati, con misure di carattere generale, nell’anno immediatamente successivo nei riguardi delle stesse categorie di personale cui si applicano le predette disposizioni».


Bisogna considerare che la magistratura è già sul piede di guerra per i tagli agli stipendi della manovra 2010 e allarmatissima per quelli di quest’ultima. Sono partiti i primi ricorsi alla Consulta dal Tar Campania e altri seguiranno. Ma così le sentenze di qualsiasi giudice cadrebbero nel vuoto.

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