All’indomani del vertice romano tra il sindaco Letizia Moratti e il presidente del consiglio Berlusconi per discutere, tra le altre cose, del destino degli scali di Malpensa e di Linate, a seguito dell’alleanza tra Alitalia e Air France, è la Sea, la società di gestione degli aeroporti, a far discutere. Ad accendere la miccia della polemica, questa volta, la questione dei vertici della partecipata, o meglio, il «caso Bonomi», presidente e, dal 1° gennaio, direttore generale della Sea.
Nomina che non è piaciuta a nessuno, a partire dagli alleati fino all’opposizione. Compatti i membri del parlamentino milanese gridano allo scandalo perché, con questa manovra, si aggira di fatto la legge sui manager pubblici.
Da dicembre scorso, infatti, gli stipendi dei manager pubblici non possono superare il tetto massimo di 250mila euro. Così il doppio stipendio di Giuseppe Bonomi, non era più sostenibile: nella riunione del cda di Sea di metà dicembre il presidente ha rinunciato all’incarico di amministratore delegato, a fronte del suo nuovo stipendio «ridotto». Fin qui niente di male, si dirà.
Passano quindici giorni e voilà, Bonomi si ritrova assunto a tempo indeterminato come direttore generale della società Sea rimanendo contemporaneamente ben saldo alla poltrona presidenziale. Il suo nuovo stipendio, quindi, sale di 70mila euro circa, arrivando a toccare la somma di 550mila euro, cui vanno aggiunti i compensi per gli obbiettivi.
Cosa significa? Un futuro assicurato per il presidente, che non vede più oscillare il suo stipendio in base al raggiungimento degli obiettivi e, soprattutto, «il posto sicuro». Fino allo scorso anno, invece, l’incarico aveva validità di tre anni, rinnovabili. Certo Bonomi è uomo della Lega, ma la nomina di direttore generale è stata presa - come spiega Sea - «d’accordo con l’azionista di maggioranza per rendere, in una situazione così complicata per la Sea, più stabile l’assetto di governo della società». I primi a fare polemica contro la scelta del cda Sea, di cui Palazzo Marino è il principale azionista, sono i rappresentanti della maggioranza. «Trovo corretto ed etico che chi guida una società così importante guadagni quei soldi. Trovo bizzarro, e comunque da non condividere, che vada ad assumere se stesso come ha fatto - il commento del capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale, Giulio Gallera -. Trovo inoltre incoerente che questo riguardi un esponente di quella parte politica che lo scorso anno ha costretto la nostra amministrazione a rinunciare alle auto blu: con il suo stipendio Bonomi si mangia 15 anni di auto blu. Quanto a coerenza non c’e che dire...». «Il sindaco avrebbe potuto riflettere di più prima di chiedere ai milanesi il sacrificio che comporta lo stipendio di Bonomi, una figura che poteva assumere quel ruolo a costi diversi - il commento di Marco Osnato, consigliere comunale di An e presidente della commissione Trasporti -. La Lega prima di fare esternazioni moralizzatrici dovrebbe guardare alla trave nel proprio occhio». Segue a ruota l’opposizione, con Pierfrancesco Majorino, capogruppo del Pd in consiglio comunale, che richiama alla sobrietà: «Credo che vadano evitati, soprattutto in questo periodo, gli eccessi. Sono convinto, infatti, che tutte le azioni dell’amministrazione, in particolare in tempi crisi, debbano essere ispirate alla sobrietà, anche nelle retribuzioni».
«Trovo fuori dal mondo che Bonomi assuma se stesso - attacca Basilio Rizzo, capogruppo della lista Fo -. In questo modo, peraltro, con un’assunzione a tempo indeterminato Bonomi diventa illicenziabile. Il sindaco non interviene su questo?».
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