Uno stipendio per le mamme

L’Inghilterra ripensa l’organizzazione della società e propone di pagare 9mila euro all’anno le donne che restano a casa con i figli. Perché soltanto così può nascere una nuova generazione felice

Cinquecento sterline al mese per i primi tre anni per restare a casa con i propri figli. È l'ultima proposta di un commissione di ricerca dei conservatori britannici destinata sicuramente ad entrare nel programma elettorale del giovane leader David Cameron. L'argomento sicuramente non è nuovo, ma è sempre attuale quando si affronta il tema spinoso della famiglia, soprattutto quando quest'ultima appare in crisi come sta accadendo in Inghilterra. Lo studio conservatore, coordinato da Iain Duncan Smith, mette in relazione le vite sbandate di tanti adolescenti inglesi con la solitudine dei loro primi anni di vita dovuta a dei genitori che lavoravano entrambi. Al rapporto, dal titolo The Next Generation, hanno lavorato psicologi, educatori e specialisti della salute infantile.
LA SCELTA DIFFICILE
Il quadro che ne è emerso è quello di una società che anziché aiutare, mette le donne in difficoltà, costringendole a tornare al lavoro dopo la nascita dei figli molto prima di quanto in realtà vorrebbero. Il prezzo pagato per questo rientro forzato è altissimo e ricade alla fine proprio sull'ultima generazione che cresce da sola, passando il pomeriggio in strada o a casa guardando la tv. «È ora che il governo faccia di più per favorire quelle mamme che scelgono di rimanere a casa con i propri figli - spiega Smith, illustrando il progetto che potrebbe diventare una vera e propria proposta di legge -, va cambiato radicalmente il sistema dei contributi e dei benefit fiscali per offrire la possibilità ai genitori che lo desiderano di stare accanto ai loro figli nei primi anni della loro vita».
9MILA EURO PER STARE A CASA
La cifra di sostegno annuale proposta è di 6mila sterline, poco meno di 9mila euro. Non si tratta di un capitale, ma a molte madri costrette a tornare a lavorare per far quadrare un bilancio familiare troppo stretto l'idea potrebbe interessare. E non si tratta affatto di essere antifemministe o poco moderne. Nessuno si sogna di colpevolizzare le madri lavoratrici o le donne che legittimamente hanno scelto una carriera soddisfacente o remunerativa sia sul piano personale che su quello finanziario. Non tutte le donne che lavorano possono però contare su un impiego avvincente e stimolante, in un ambiente di lavoro sereno e solidale. Pochissime hanno la possibilità di usufruire di part-time, orari di lavoro flessibili, permessi di maternità più lunghi. Molte di loro fanno le operaie in una fabbrica con turni di notte pagate meno di sei sterline all'ora. Altre per recarsi alla filiale bancaria della City lasciano casa alle 7 del mattino, quando i figli sono ancora in pigiama e ritornano alle 7 di sera con sette ore di lavoro sulle spalle e altre due di estenuante commuting in treno e metropolitana. L'ottanta per cento del loro stipendio se ne va in babysitter, domestiche e asili privati. I costi per questi servizi possono raggiungere in certi casi anche le 9mila sterline annue. A queste donne probabilmente non dispiacerebbe affatto avere almeno una possibilità di scelta che ora viene loro negata. A dimostrarlo anche alcuni sondaggi. Quello inglese effettuato nel maggio scorso da YouGov e uSwitch ha rivelato che negli ultimi 15 anni il numero delle mamme a tempo pieno è precipitato del 24 per cento proprio a causa dell'aumento del costo della vita. Lo stesso sondaggio spiega che se avessero potuto scegliere molte di loro non sarebbero tornate al lavoro così presto e un genitore su tre ritiene che il proprio bambino avrebbe una qualità di vita migliore se la mamma potesse stargli accanto specialmente nella tenerissima infanzia. Ragionamenti da retrogradi conservatori? Chi lo sa, ma intanto da un po' di tempo li condivide persino Steve Biddulph, uno degli esperti del mondo dell'infanzia più noti al mondo. In passato entusiasta sostenitore del nido, Biddulph ultimamente ha fatto marcia indietro sostenendo che la cosa migliore per i piccoli fino a tre anni è starsene a casa con mammina.
STOP ALL’AGGRESSIVITÀ
Il nido «è un focolaio di insubordinazione e aggressività», come ha dichiarato al Sunday Times, che quasi sempre non riesce a dare al bambino le cure di cui ha bisogno in questo stadio importantissimo per la crescita. Negli asili invece si vedono sempre più spesso «solitudine e tristezza, insegnanti negligenti, bambini sconcertati». Le sue conclusioni collimano alla perfezione con quelle degli esperti della commissione dei Conservatori. I genitori che non riescono a costruire una relazione affettuosa con i propri figli nell'infanzia gettano le basi di una futura infelicità. Quegli stessi bambini lasciati soli per scelta o necessità rischiano di diventare adolescenti problematici con difficoltà di apprendimento, nei casi più gravi dei violenti.
UN WELFARE ROSA
La necessità di una riforma del welfare tutta al femminile trova anche in altri Paesi, come in Italia, un fronte trasversale che va dal partito del governo a quelli dell'opposizione. Ma la realtà è che adesso, nella società attuale e con una crisi economica globale, molte madri non hanno scelta. «Non mi è stata offerta altra opzione, dopo la nascita dei miei figli, che tornare al lavoro dopo qualche mese - racconta Claire Spillman, una terapista inglese con due figli, l'ultimo di 14 mesi -, mia sorella vive in Francia e lì le cose vanno molto meglio. Le mamme possono restare a casa per 3 anni e poi riottenere perfino il posto che avevano prima».

La proposta inglese è innovativa anche perché riconosce un valore economico al mestiere di mamma, cosa che peraltro aveva già fatto anche uno studio americano di un paio d'anni fa. Secondo Salary.com una mamma full time meritava di venir pagata 134mila dollari l'anno, quasi come un top manager. Le mamme di tutto il mondo ringraziano, ma dopo le parole attendono i fatti.

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