Cronaca locale

Stop alle privatizzazioni, Sesto torna Stalingrado

Stop alle privatizzazioni, Sesto torna Stalingrado

Tracce del dibattito fanno ancora bella mostra di sé sui muri di Sesto San Giovanni. Rifondazione contro il centrosinistra che «privatizza tutto e tutti». Parole di fuoco contro «gravi attacchi ai servizi sociali», contro chi parla di «collaborazione col privato sociale». E giù con valutazioni in stretto politichese per «smascherare l’operato del centrosinistra» e per metterlo «in contraddizione».
Ci sarebbe da sorridere se non ci fosse da piangere. Ma quei manifestini targati 2003 e con tanto di falce e martello sbattuti sui muri del centro dell’ex Stalingrado d’Italia, adesso, sono tornati di moda. La giunta di Giorgio Oldrini s’inventa la «ripubblicizzazione» ossia dà l’addio alla privatizzazione. Scelta ideologica accompagnata da bozze di piani economici e finanziari per sostenere una sola società di capitale interamente pubblico che gestirà i servizi, la «Sesto holding spa». Ritorno al passato per la raccolta dei rifiuti, l’illuminazione, i trasporti e i parcheggi e, perché no, pure per la gestione delle bonifiche. Inizio del viaggio all’indietro previsto nei primi mesi del prossimo anno, quando i partner privati saranno ammessi solo come soci delle società di scopo che operano nei singoli servizi, mentre capitale, partecipazioni e utili saranno solo pubblici. Visione da far tremare i polsi ma che non stupisce: il successore di Filippo Penati vuol dare un’anima diversa a Sesto, quella di Cuba - «ogni tanto sogno di essere in una piccola Cuba» dice - e, nessuna sorpresa, ci sta riuscendo. Con questa inversione di tendenza che, spiega Fabio Fimiani, assessore Verde, «sta raccogliendo molto consenso, anche tra altre amministrazioni pubbliche del territorio». L’elenco? Cinisello, Paderno, Muggio e Nova Milanese.
Quattro amministrazioni dell’hinterland - tutte targate centrosinistra - che sposano la linea cubana, quella che, secondo i compagni di «FalceMartello» non s’allinea agli «interessi borghesi», al «ricatto permanente contro i lavoratori». No, Sesto e il sindaco descamisado capofila, girano la testa al presente e scelgono di diventare una riserva indiana, quella dove gli investimenti sono bloccati e la gente scontenta. Dettagli di poco conto per chi fa nascere «una società di controllo pubblico per l’illuminazione» con un break even di circa cinque milioni, «quando raggiungeremo la gestione di ventiquattromila punti luce - ora sono dodicimila - internalizzeremo anche le manutenzioni e il fatturato ci consentirà anche di investire in produzione di servizi per l’energia» continua Fimiani.
Progetti di un’amministrazione che ha perso il contributo statale di 23 miliardi previsto dalla legge Bagnoli-Sesto per bonificare le aree destinate al parco.

Idee di una giunta che getta alle ortiche il riformismo, sposa il regime di Fidel Castro e ogni giorno che passa registra le proteste dei cittadini per un degrado che avanza.

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