da Milano
Cose da Scala. Nellaprile del 1980 la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi diretta da Claudio Abbado saltò per una «indennità frac» non concessa. Ieri ancora Verdi e ancora uno sciopero che ha fatto saltare lattesissimo Requiem diretto dal maestro Daniel Barenboim, la nuova stella scaligera che chiudeva il centenario di Arturo Toscanini. Niente. Maestri e lavoratori uniti nella lotta e 150mila euro di biglietti andati in fumo. La richiesta? Un aumento di stipendio. Normale, dirà qualcuno ricordando che il contratto è scaduto da due anni. Meno normale se si considera che la richiesta è di 1.300 euro al mese. Come a dire più dellintero stipendio mensile della maggior parte degli italiani. Senza contare che si tratta dell«integrativo», ovvero laccordo aziendale che si aggiunge al non proprio magro contratto nazionale: 1.937 euro per un primo violino, a cui si aggiungono i 4mila dellintegrativo Scala. Per 14 mensilità. Sono invece 1.796, più 4mila, gli euro di un secondo livello (maestro di balletto od orchestrale categoria A). Ma non basta. Poi ci sono da aggiungere i bonus per le trasferte, quelli per numero di rappresentazioni, le giornate festive, il santo patrono (che a Milano è Ambrogio, giorno della prima), i compensi per ogni rappresentazione straordinaria, il concerto di Natale, il premio di efficienza. Il tutto da moltiplicare un faraonico organico di 800 dipendenti. Risultato? Le retribuzioni medie sono le più alte in assoluto: 78.
Lo stop dei dipendenti della Scala «Dateci 1.300 euro in più al mese»
Lagitazione di maestri e addetti fa saltare il Requiem di Verdi
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