Storace: «La verità prima della propaganda»

Storace: «La verità prima della propaganda»

Un’interrogazione senza risposta, presentata da un esponente della stessa maggioranza su cui si addensano i sospetti di aver favorito il principale accusatore di Francesco Storace nel Laziogate, quel Dario Pettinelli, ex collaboratore dell’ufficio stampa della Regione, che ha puntato il dito contro il segretario nazionale della Destra dimenticando di raccontare al giudice che lo ascoltava che una società presieduta da sua moglie aveva ottenuto l’approvazione di uno studio di fattibilità per una radioweb della Regione, profumatamente pagato dall’amministrazione Marrazzo. Alle domande del consigliere regionale del Pd Alessio D’Amato su quell’incarico nessuno ha mai risposto.
A chi lo accusa di voler soltanto gettare fango, Storace replica così: «Spiace che la sinistra non si renda conto che il diritto di un avversario politico al riconoscimento della verità venga prima della propaganda». Poi ribadisce il suo punto di vista. «Il mio avvocato ha presentato in Tribunale fatti incontrovertibili - dice Storace - che la magistratura sarà chiamata ad esaminare. L’esame delle determinate Lait con cui sono state stanziate risorse a favore di Lady Pettinelli è inconfutabile. All’interrogazione di D’Amato sull’inesistenza della radioweb della Regione, oggetto del rapporto Lait e Nave argo, non è mai stata data risposta. Pettinelli ha patteggiato la pena in udienza preliminare in un processo in cui la Lait è parte civile. In quale aula di Tribunale del mondo una parte civile affida incarichi a chi è stato condannato per reati commessi e ammessi contro la stessa parte civile, soprattutto se pubblica? È indifferente che la società che ha avuto l’incarico sia amministrata dalla moglie di Pettinelli e abbia sede allo stesso indirizzo della testata giornalistica di cui Pettinelli è direttore responsabile?». «Che cosa muove certi signori della sinistra - aggiunge Storace - a reagire in modo furioso di fronte ai fatti denunciati dal mio avvocato? Hanno timore che qualcuno chieda conto al presidente Marrazzo delle modalità di utilizzo dei fondi della presidenza della Regione Lazio?».
D’Amato, pur continuando ad aspettare risposta alla sua interrogazione («sulla gestione dei soldi pubblici non guardo in faccia a nessuno»), definisce «ardita ed inconsistente» la tesi di Storace su un presunto «utilizzo pilotato di Pettinelli a fini politici nel Laziogate» e auspica che il sindaco Gianni Alemanno «smentisca l’eventualità che il Comune si ritiri dalla costituzione di parte civile, poiché sarebbe un segnale molto grave». Ma il segretario nazionale de La Destra vuole l’ultima parola. «Tutti i cittadini sanno che sono imputato al processo Laziogate - replica Storace - Nessun cittadino, e spero neanche D’Amato, sapeva del maneggio di denaro tra Regione, Lait e lady Pettinelli.

Il fatto che la Regione non abbia risposto all’interrogazione di D’Amato, che il mio legale ha significativamente depositato in Tribunale, è casomai la conferma che il bravissimo consigliere del Pd aveva scoperto qualcosa che non andava».

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