Ma la storia premia gli sconfitti

Stirling Moss, la Ottey, Chiappucci, l’Olanda di calcio: ecco il blues di quelli che non vincono

Oscar Eleni

Eterno secondo. Maledetto il giorno che ti ho dimenticato. Ci sono due razze di sciocchi: quelli che non dubitano di niente e quelli che dubitano di tutto, diceva un principe francese. Nello sport, nella vita, sono in troppi quelli che non dubitano mai quando devono fare briciole di uno sconfitto, soprattutto nelle gare importanti, nelle finali. C’era un tipo che voleva convincere il suo piccolo cervello a stangare Julio Velasco perché aveva vinto mondiali, europei, scudetti, ma non era mai riuscito a prendersi l’oro olimpico con quella sua Italia che poi è diventata squadra del secolo. Hector Cooper, nel suo calvario interista, anche prima del 5 maggio romano, si è tirato dietro il macigno delle finali che non aveva vinto con quel Maiorca, quel Valencia che per arrivare alla fine della corsa avevano fatto autentici capolavori sbattendo poi su Lazio, Real e Bayern. Per anni è stato perseguitato un grande allenatore di basket come Boscia Tanjevic perché, preso dal sacro furore della creazione di un gruppo che avesse storia, costruendo uomini e giocatori insieme, nel piccolo mondo antico del basket italiano aveva osato sfidare, perdendo, colossi come Milano, squadroni come Madrid. Tutti dimenticavano la sua impresa giovanile con la Bosna Sarajevo che aveva sconfitto Varese, di lui ci siamo accorti di nuovo quando ha dato all’Italia il secondo titolo europeo e poi a Milano lo scudetto che mancava da anni. Nella corsa, però, fu inferno.
Questa storia dell’eterno secondo condannato all’oblio faceva infuriare l’elegantissimo Tano Belloni che sui tavoli della Sei Giorni spiegava la sua carriera di grande campione del ciclismo che soltanto i fessi, diceva lui, potevano dimenticare. Noi, anche per un destino professionale, lo capivamo benissimo, gli volevamo bene, anche se poi, interrogati con crudeltà, abbiamo spesso dovuto ammettere che avevamo dimenticato presto il secondo classificato in un campionato, in una finale olimpica. Ignoranza, poca cultura sportiva, chiedendo perdono per quelli che non ricordavamo, ma certo se ti vengono a stuzzicare sulla grande Olanda di Giovanni Cruijff, diamante di Rinus Michels, e vogliono convincerti che nessuno pensa a loro leggendo le storie del mondiale di calcio, quando persero due volte la finale, in terra nemica, prima coi tedeschi e poi con gli argentini, allora esplodi e chiami a testimone Arrigo Sacchi perché l’uomo di Fusignano, come tanti altri, ha scritto il nuovo vangelo pensando proprio a quel calcio totale.
Una volta eravamo caduti nella trappola ascoltando con venerazione il professor Nikolic che raccontava un aneddoto sulla prima vittoria europea dei giovani angeli del basket di Spalato contro il Barcellona ricco e potente: alla fine del primo tempo, anche se lui era il guru, non proprio il pilota sul campo, era entrato nello spogliatoio e vedendo negli occhi dei giocatori qualcosa che non gli piaceva chiese silenzio e domandò a quei ragazzi chi avesse vinto il campionato di calcio. Tony Kukoc e gli altri, sbalorditi, risposero in fretta, quasi tutti assieme il nome giusto. Il professore chiese silenzio e fece un’altra domanda: chi è arrivato secondo? Due dissero una squadra, tre un’altra. Ecco, disse il maestro Alexander, tornate in campo e datevi da fare, nessuno vi ricorderà se arriverete secondi.
Parlavamo di Tano Belloni, ma il ciclismo ha stritolato tanta gente soprattutto se aveva la sfortuna di nascere ai tempi di Girardengo, Bartali, Coppi, Merckx, Indurain, Armstrong, però è vero che Jan Ullrich è finito in analisi non certo per aver vinto quasi da esordiente il Tour, ma per essere arrivato 5 volte secondo. Pensiamo a Zoetemelk che per sei volte era entrato nella spiaggia dell’oblio prima di vincere la grande corsa. Per il Diablo Chiappucci, sul podio tre volte al Giro e tre al Tour, senza mai vincere in rosa e in giallo.
Ci piacciono i primi, ma amiamo pure i secondi, i protagonisti fino all’ultimo centesimo, dal velocista Fredericks, 7 medaglie d’argento fra olimpiadi e mondiali, alla splendida Merlene Ottey, 13 medaglie, ma nessun oro, fra i Giochi e i campionati del mondo, due arrivati tardissimo alla liberazione. Stirling Moss è sempre stato un idolo anche se non ha mai vinto il mondiale di Formula uno, arrivando 4 volte secondo e Jean Alesi non capiva perché la gente fosse così felice per la sua prima vittoria dimenticando che per 16 volte era stato secondo. La maledizione del tennista Von Cramm, fra Wimbledon e Roland Garros, della belga Clijsters che ha lasciato persino il fidanzato per togliersi dalle spalle la scimmiotta del secondo posto che ti manda nel mare dell’oblio. Il nuoto venera Shirley Babashoff e la regina Van Almsick che non hanno mai vinto ori olimpici individuali, pur facendo la storia del loro sport.

E non veniteci a dire che il Benfica, che pure ha perso 5 finali di coppa Campioni, non è storia e la grande Ungheria non ha lasciato niente al calcio anche se ha perso due volte le finali mondiali. Eterni secondi del mondo, non credete agli sciocchi senza memoria, se c’è giustizia sarete sempre nella vera storia dello sport.

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