Storia d'assalto

De Wiart, il soldato che non poteva morire

Adrian De Wiart è stato il "soldato" perfetto. Avventuriero impenitente e coraggioso, ha combattuto tre guerre sopravvivendo alle ferite più assurde per finire a liquidare le idee di un certo Mao nella lontana Cina. Dimostrando quanto fosse carente nell'arte opposta allo scontro: la diplomazia

De Wiart, il soldato che non poteva morire

A guardarlo nella fotografia che lo ritrae seduto su una sedia nell'età in cui era prossimo al congedo, Sir Adrian Carton de Wiart sembra più un pirata uscito dalla penna di Stevenson, o l'ispirazione mercenaria del visionario svizzero Friedrich Dürrenmatt che altro. È stato, invece, uno dei più straordinari guerrieri della realtà bellica moderna, una sorta di immortale soprannominato dalla storia the unkillable soldier. Il soldato che non si poteva uccidere.

Ufficiale inglese poco esaltato dagli storici, che non gli hanno concesso particolari attenzioni, De Wiart ha combattuto i boeri in Sudafrica, i dervisci in Somalia, i cosacchi in Polonia e i tedeschi di due generazioni nelle guerre mondiali che hanno scosso l'Europa. Nel corso di quella che ha definito una "felice Odissea" rimase ferito almeno una dozzina di volte, spesso gravemente, è sopravvissuto a tre incidenti aerei, caduto prigioniero lo stesso numero di volte, fuggito e ripreso, per diventare in fine l'attaché militare di Winston Churchill in Cina, leader carismatico del quale si era guadagnato la stima essendo a suo dire un modello "di onore e cavalleria.

Un irrequieto giovane belga

Nato a Bruxelles nel 1880, figlio di un avvocato che si era rifatto una vita al Cairo con una donna inglese, l'erede De Wiart, irrequieto giovane che aveva presto imparato a parlare fluentemente l'arabo come l'inglese, venne mandato a studiare a Oxford dove, come buona parte degli uomini di polso del suo secolo, non riuscì mai a eccellere a livello accademico: preferiva "misurarsi" con i coetanei nella conoscenza di un buon Borgogna o nella capacità di giocare bene il cricket e il polo.

Affamato di azione e avventura, aveva accarezzato il pensiero di arruolarsi nella Legione Straniera – “quel romantico rifugio di disadattati” scriveva – ma il deflagrare della seconda guerra anglo-boera lo condurrà a combattere per gli inglesi mentendo su età e e provenienza. "Ero determinato a combattere e non mi importava chi o cosa. Se gli inglesi non mi avessero accettato mi sarei offrirei ai boeri”. Non fu necessario. Gli inglesi gli concessero l'uniforme, e lui non la svestì per i successivi quarant'anni. Riceverà allora il battesimo del fuoco e verrà ferito per le prima due volta da alcune fucilate: una diretta allo stomaco e una all'inguine.

De Wiart cade ma non muore. Torna in Inghilterra per la prima degenza e riceve il benestare del padre - all'oscuro di tutto - per intraprendere la carriera militare. Era il 1899.

Nelle tempeste d'acciaio

Nel 1914, allo scoppio della guerra che presto sarebbe diventa mondiale e totale, Carton de Wiart era in missione in Africa con le Somaliland Camel Corps, impegnato a reprimere la rivolta dei dervisci fedeli a Mohammed Abdullah Hassan, il "Mullah pazzo". All'epoca era sottotenente. Desideroso di essere trasferito in Europa, dove secondo lui si stava combattendo "la guerra vera", De Wiart, che assecondava ordini e destino, si ritrovò ad attaccare un forte derviscio in novembre quando venne colpito ancora, una, due, tre volte.

I colpi sparati dai guerriglieri del mullah lo ferirono a un braccio e al volto, portandogli via un orecchio e facendogli perdere l'occhio sinistro. A questo punto della storia ci attenderemmo gli onori militari e la fine della guerra per il valoroso ufficiale. Ma così non fu: rimpatriato De Wiart si farà impiantare un occhio di vetro per ottenere l'idoneità al combattimento ed essere inviato in Belgio, dove era nato, a combattere i tedeschi. Quell'occhio di vetro era "sorprendentemente ed eccessivamente scomodo" scriverà nelle sue memorie, motivo per cui non appena ottenuta l'idoneità, prese un taxi per raggiungere la sua futura assegnazione e lo lanciò dal finestrino per vestire una benda nera difficile da dimenticare.

Appena giunto sul fronte occidentale nell’estate del 1915 il fuoco di sbarramento dell'artiglieria tedesca raggiunse la linea di trincee dove si era attestato. La sua mano sinistra venne spazzata via; l'orologio in frantumi inglobato nel suo stesso polso. Due dita superstiti, a penzoloni, inibirono il medico al punto che fu lui stesso a strapparsele via in modo che si potesse procedere a cauterizzare la ferita. Gli amputeranno una parte generosa del braccio ma continuerà a combattere: in luglio sulla Somme, dove un colpo di mitragliatrice gli trapasserà la parte posteriore della testa senza toccare - miracolosamente - alcuna parte vitale; nella battaglia di Passchendaele, dove venne colpito all’anca; a Cambrai dove una scheggia lo ferì a una gamba; e ad Arras, dove un'altro sharpel lo colpi all'orecchio.

Si dice che quando attraversava le raffiche dei tedeschi, andando all'attacco, armava le bombe a mano tirando la linguetta con i denti. Le onorificenze che gli verranno concesse saranno tutti accompagnate dall'encomio "per il coraggio, la freddezza e la determinazione".

In Polonia tra due fuochi

Inviato in Polonia come vice-comandante della missione militare britannica in sostegno di Varsavia contro i bolscevichi, De Wiart troverà nuovo modi di tenersi occupato tra avventure militari e diplomatiche. Verrà mancato per pochi centimetri da un tiratore tedesco mentre volava a bassa quota su un biplano diretto a Riga. Scampò al brutto atterraggio di un secondo velivolo rimasto a corto di carburante e schiantato al suolo. Respingerà la carica di alcuni cosacchi impugnando il suo revolver d'ordinanza, e verrà anche catturato da un gruppo di soldati lituani. Fu allora che vide comparire il suo necrologio su un periodico tedesco capitatogli per caso tra le mani.

Ma Carton de Wiart era evidentemente un sorta di highlander di sangue misto belga e irlandese, perché come sempre "tornò alla vita", alla caccia, alle suo occupazioni di gentiluomo in attesa della prossima guerra che sarebbe scoppiata proprio in Polonia, nel primo giorno di settembre 1939.

L'ultima grande guerra

Quando nel 1940 il Regno Unito che aveva dichiarato guerra alla Germania decide di abbandonare l'impasse della cosiddetta "guerra fasulla", De Wiart viene scelto per guidare una spedizione anglo-francese in Norvegia: un fallimento totale costretto alla ritirata e ad un rimpatrio di fortuna. Con il grado di maggiore viene inviato in Jugoslavia per dei negoziati quando l'aereo sul quale viaggiava, un bombardiere Wellington, precipita al largo della Libia dopo essere stato colpito dalla contraerea italiana. Carton l'immortale sviene, ma si ritrova ancora sull'onda del Mediterraneo, vivo. Nuota fino alla costa e viene fatto prigioniero dal Regio Esercito che lo traduce, come altri ufficiali del suo rango, nella prigione Castello di Vincigliata, in Toscana.

Come tutti gli irrequieti di guerra tenterà di evadere più di una volta. Finché un tunnel scavato con grande impegno lo condurrà alla macchia per alcune settimane. Prima di essere riconosciuto e nuovamente arrestato: il portamento di un ufficiale britannico con un braccio solo e una benda all'occhio mal si confondeva tra i contadini che si potevano incontrare nelle valli dell'Arno e del Mugnone.

Dopo essere stato "usato" come mediatore durante le trattative segrete con gli Alleati che portarono poi all'armistizio di Cassibile, De Wiart viene liberato, e la guerra per lui può considerarsi terminata. Aveva da poco compiuto 63 anni di vita. Era adorato da Churchill, che aveva una vera e propria passione per i folli di guerra, e secondo gli storici sarebbe stato molto apprezzato durante le guerra napoleoniche da condottieri come il Duca di Wellington. Ma per la carriera militare che si intraprende oltre un certo grado, non era portato. Si congedò nel 1947 con il grado di tenente generale e il titolo di Sir.

Al servizio di Churchill

Il primo ministro britannico Lloyd George, da cui ebbe udienza al fine di persuaderlo nel cedere la Galizia orientale ai polacchi, era convinto che i diplomatici fossero stati inventati "soltanto per perdere tempo”. Una chiosa che De Wiart prese per le rime nell'arco di una vita intera. Secondo lui: “I governi possono fare e pensare quello che vogliono, ma la forza non può essere eliminata, ed è l’unico potere reale e inevaso. Ci dicono che le penne siano più forti delle spade, ma io so perfettamente quale di queste due armi sceglierei".

La scarsa fiducia nella diplomazia, che lui certo non seppe ben adoperare, condizionò spesso la sua carriera: anche quando Churchill lo inviò in Cina come suo rappresentante diplomatico presso il governo di Chiang Kai-shek, e lì incontrò un giovane Mao Tse Tung che durante una cena tentò di intrattenerlo con un discorso sul successo e sull'avvenire del Partito comunista. Pare che De Wiart non ebbe nessuno scrupolo nel “liquidarlo" su due piedi. Congedato dalla sia missione diplomatica in Cina, Carton de Wiart fece tappa nell'Indocina francese presso un alto ufficiale di sua conoscenza, e per concludere la sua sterminata serie di infortuni scivolò su una stuoia di cocco ruzzolando giù per le scale, rompendosi diverse costole. Passerà il resto della sua vita pacatamente, pescando salmoni e scrivendo le sue memorie. Si spense in giugno, appena trenta giorni dopo il suo ottantatreesimo compleanno. Lui e la sua seconda moglie, Joan, riposano nel cimitero di Caum, nella contea irlandese di Cork.

Nella sua autobiografia, la cui prefazione venne vergata niente meno che da Winston Churchill, tutto questo e ben altro viene minuziosamente resocontato. Tutto tranne un fatto singolare e certo non alla portata di tutti: l'essere stato insignito tra le numerose onorificenze che comparivano sulla sua uniforme, della Victoria Cross, la più alta onorificenza militare per il valore mostrato "di fronte al nemico" concessa dall'Impero britannico. Regno di cui era divenuto suddito su incitazione di Re Giorgio V, che lo aveva conosciuto ai margini della battaglia di Arras.

Di quelle trecento pagine d'avventura e coraggio, di galanteria e stramberie, una citazione riassumente meglio d'ogni passo il personaggio alla memoria dei posteri, ed è una confessione semplice quanto singolare: "Ad esser franchi, la guerra mi è piaciuta."

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