Storia d'assalto

La guerra corsara dello "Emden": terrore dei mari d'Oriente

Come un lupo travestito da pecora l'incrociatore tedesco "Sms Emden" si aggirava nel Pacifico per depredare le navi da carico avversarie nelle prime battute della Grande guerra.

La guerra corsara dello "Emden": terrore dei mari d'Oriente

C’era una volta la guerra di corsa, quando le navi di potenze belligeranti armate e spesso camuffate, in diritto d’una lettera di corsa - necessaria garanzia emessa dal governo- catturavano o distruggevano mercantili di una potenza avversaria per ostacolarne il commercio, minarne le finanze e trarne soprattutto ogni profitto. Antica tradizione d’invenzione squisitamente britannica – tra i corsari più noti della storia ricordiamo infatti Sir Francis Drake e Sir Henry Morgan, entrambi al servizio di Sua maestà – sarà la Germania l'ultima grande potenza ad impegnarsi e farsi valere in questa pratica.

Lo ha fatto, iscrivendo nella leggenda il suo Sms Emden, incrociatore leggero della Kaiserliche Marine che una volta salpato da Tsing Tao in Cina, mieterà nei mari dell’estremo oriente ben 30 navi nemiche nell'autunno del 1914. Primo anno di quella che verrà da tutti ricordata come la Grande Guerra.

Soprannominata il “Cigno d’Oriente” data l’estrema eleganza della sua linea, l'Emden era affidato ai comandi del capitano di fregata Karl von Müller – l’archetipo marinaresco di quella stirpe prussiana di combattenti naturali da cui egli stesso discendeva - e del suo secondo, il tenente di vascello Helmuth von Mucke. Classificato come incrociatore mercantile leggero “armato” di classe Dresden, l'Emnden era stato costruito a Danzica per una stazza di 3.593 tonnellate e una lunghezza di 118 metri dalla bianca e immacolata livrea. Come incrociatore armato era provvisto di dieci cannoni da 10,5 cm di calibro, quattro mitragliatrici e due tubi lanciasiluri che, assieme alla sua manovrabilità e velocità massima di 24 nodi, lo rendevano un avversario temibile e difficilmente “identificabile”.

30mila miglia nautiche a cacci di un ricco bottino

Abbandonato lo Ostasiengeschwader, forza navale incaricata di proteggere i possedimenti coloniali tedeschi e i mercantili che transitavano nell’area dell’Oceano Indiano, l’ordine dello Emden divenne presto quello di "assaltare i mercantili" delle potenze che nel frattempo si erano alleate contro gli Imperi centrali. Compiva “incursioni" nel Golfo del Bengala e incrociando le rotte marittime più trafficate per ostacolare in ogni modo il transito di navi nemiche, fossero queste militari o commerciali, che dall’Australia, dalla Nuova Zelanda, dai possedimenti d'oltremare francesi o britannici, e dal Giappone, puntavano con il loro prezioso carico verso la vecchia Europa divisa dalle trincee.

Saranno 23 le navi mercantili alleate catturate dal Cigno d’Oriente, che incuteva tanto terrore da rallentare di molto la partenza di un convoglio di rifornimenti militari provenienti dell’Australia. Ma non si limitò a questo. Il Cigno distrusse anche un deposito della Burma Oil a Madras in una sortita eccezionale: dopo essere entrato fin dentro il porto per evitare di colpire edifici civili con il tiro dei cannoni da lunga distanza, centrò con poche bordate ben mirate serbatoi, una batteria costiera e addirittura un carro armato. Due furono le navi da guerra affondate - l’incrociatore russo Zhemchug e la torpediniera francese Mousquet - nell’attacco di Penang, al largo di quella che al tempo era la Malesia britannica.

Un inganno da gentiluomini

Una delle tattiche preferite del comandante dell'Emden era quella di camuffare la sua nave corsara come fosse un incrociatore britannico, o come una nave di linea, per “avvicinare” e catturare mercantili quando era troppo tardi per qual si volesse fuga o manovra evasiva. L’idea di camuffare la nave aggiungendo un quarto finto fumaiolo ai tre già presenti, era inoltre una garanzia di sopravvivenza nelle acque infestate da navi da guerra nemiche che presto avrebbero iniziato a darle la caccia.

A eccezione di questo escamotage assai poco corretto in tempo di guerra, rimase ben nota la condotta da gentiluomo del capitano von Muller, che si dimostrerà sempre integerrimo nei confronti degli equipaggi avversari presi prigionieri, tanto quanto dei passeggeri imbarcati sulle navi catture. Garantendo sempre un passaggio verso porti neutrali dove potevano essere sbarcati per essere liberati o scambiati.

La gesta cavalleresche mostrate dal comandante von Müller saranno tanto roboanti da trovare addirittura spazio sui quotidiani britannici, che rimarranno, come di rado è capitato nella storia, estremamente colpiti dal senso di umanità del nemico rendendo Müller e i suoi degli “eroi” suppur temuti in tutti i mari d’Oriente.

Affondate la Emden, imperativo per la flotta alleata

Dopo mesi di scottanti sconfitte e audaci incursioni patite ai danni di porti e installazioni, con ben cento tonnellate di naviglio “catturate” dal comandante Von Müller, distruggere l'Emden divenne in quei mesi imperativo categorico per le flotte alleate a cavallo tra il Pacifico e l’Oceano Indiano.

Pare che all’apice della caccia, furono ben 78 le navi da guerra britanniche, francesi, russe e giapponesi impegnate a perlustrare i mari e le remote isole alla ricerca dell'incrociatore corsaro al servizio del Kaiser Guglielmo. L’ordine per ogni stazione telegrafica presente su isole, atolli o continente era quello di scandagliare continuamente l’orizzonte e segnalare immediatamente il passaggio di navi che potessero somigliare alla nave corsara per fornire le coordinate e ipotizzare possibili rotte per raggiungerla al fine di trovare battaglia. Anche perché, nel frattempo, i tassi di assicurazione delle navi mercantili che doveva affrontare le rotte depredate dall'Emden erano saliti alle stelle. E tutti chiedevano una scorta di navi da guerra che sovente era impossibile garantire.

L'epiologo di un'impresa da romanzo

Quando il 9 novembre del 1914, l'Emden arrivò a vista dell’arcipelago delle Cocos dove intendeva distruggere la stazione di comunicazione britannica situata su Direction Island, nessuna nave nemica doveva trovarsi alla sua portata. Le comunicazioni intercettate nei giorni precedenti e la mancanza di contatti visivi, avevano convinto Von Müller a passare all’azione. Ma un convoglio pesantemente scortato, che aveva mantenuto il silenzio radio, stava facendo rotta a poca distanza dalle Cocos.

Quando la piccola squadra d’assalto condotta a terra da Von Mücke sbarcò sull’isola per sabotare la stazione, l'incrociatore australiano Hmas Sydney ingaggiò l'Emden, che nel frattempo era stato segnalato. Con cannoni più potenti e una maggiore corazzatura, inatteso e più veloce nella manovra, l’incrociatore australiano ebbe la meglio sul vecchio Cigno d’Oriente, caduto nella stesso errore di valutazione che molte sue prede avevano fatto: a bordo aveva scambiato la nave nemica per la carboniera Buresk, che aveva fino al giorno prima affiancato l'Emden. I più fidati cannonieri tedeschi, inoltre, erano tutti a terra con la squadra d’assalto.

Al contrario i cannonieri australiani centreranno immediatamente l’apparato radio della nave nemica, riducendola al silenzio e a brandelli, bordata dopo bordata. Faccia a faccia con l’epilogo, il comodante Von Müller, ormai sconfitto, si rifiutò di abbandonare la nave, facendola arenare sulla barriera corallina di North Keeling Island. Lì dove il suo inquietante relitto rimase fino per oltre 30 anni.

Nel fervore della battaglia, 134 marinai e ufficiali della Marina imperiale tedesca persero la vita. Il comandante Von Müller e una ventina di superstiti vennero fatti prigionieri. Von Mücke e i 50 uomini posti ai suoi ordini per l’azione di sabotaggio, trovarono e fuggirono quindi su una goletta a vela, l’Ayesha. Riusciranno a tornare in Germania portando con loro il racconto incredibile di una sontuosa avventura. La leggendaria storia dello Sms Emden e dell’ultimo capitolo della guerra di Corsa.

Entrambi gli ufficiali sopravviveranno alla Grande Guerra, passando alla storia come eroi degni d’imprese che andranno ben oltre le avventure di Conrad e di quelle immaginate per il capitano Aubrey raccontato da O'Brian, oltre ogni ogni linea d’ombra, oltre la vastità dei confini del mare che avevano dominato come astuti marinai e gentiluomini in battaglia.

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