Storia d'assalto

Le grandi operazioni che hanno "decapitato" la Mafia

La battaglia dell'Aspromonte, l'arresto di Riina, la cattura di Provenzano. L'operazione con cui è stato preso Matteo Messina Denaro è solo l'ultima di una serie di missioni compiute dai reparti delle Forze dell'Ordine

Le grandi operazioni che hanno "decapitato" la Mafia

L'arresto di Matteo Messina Denaro, ultima grande "primula rossa" tra i boss corleonesi di Cosa Nostra, ha segnato nella giornata di lunedì 16 gennaio un capitolo importante della lotta alla Mafia. L'Operazione Tramonto, così intitolata dal nome di una poesia di Nadia Nencioni, bambina di nove anni uccisa nella strage fiorentina di Via dei Georgofili del 1993, è solo l'ultima di una lunga serie di azioni compiute da Polizia e Carabinieri per incastrare i boss più pericolosi e mettere così in ginocchio Cosa Nostra. Ma anche per colpire altre Mafie oggi ugualmente pericolose della Cosa Nostra degli anni d'oro dei Corleonesi.

Molto nota - giustamente - è l'attività d'indagine dei magistrati. Molti dei quali (tra tutti Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Rosario Livatino) hanno pagato con la vita l'azione decisa contro padrini e picciotti. Meno nota, e comprensibilmente meno pubblicizzata, l'attività di Carabinieri, reparti speciali e operatori delle forze dell'ordine per materializzare gli arresti.

L'arresto di Totò Riina: il capolavoro del Capitano Ultimo

Calogero, Stefano, Domenico e Raffaele Ganci e Francesco Paolo Anselmo: sono questi i nomi chiave per comprendere come il 15 gennaio 1993, trent'anni prima di Messina Denaro, siano scattate le manette per Totò Rina, detto "U Curtu", sanguinario padrino della mafia corleonese diventato "Capo dei Capi". Artefice della "Mattanza" della seconda guerra di Mafia prima (Anni Ottanta) e del sanguinario assalto allo Stato di inizio Anni Novanta poi, inizio della fine dello strapotere mafioso.

Al centro dell'azione contro Riina il Raggruppamento Operazioni Speciali (Ros) dei Carabinieri. Unico reparto della Benemerita con competenze anti-terrorismo e anti-criminalità organizzata. Operativo dal 1991, il Ros nacque dall'esperienza interforze del Nucleo speciale antiterrorismo creato a Torino nel 1974 dal generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa per contrastare il fenomeno del terrorismo e che produsse la vittoria dello Stato contro gli opposti estremismi. I Ganci e Anselmo furono pedinati giorno e notte, per mesi, dopo le stragi di Capaci e Via d'Amelio dagli uomini del Ros, comandati dal generale Mario Mori e diretti sul campo dal Capitano Sergio De Caprio, detto "Ultimo".

Nome in codice: Operazione Belva. Da settembre a dicembre 1992 il gruppo Crimor dei Ros militarizza Palermo, sfrutta tutti i poteri speciali per avvia un servizio di osservazione con riprese video e servizi di pedinamento sui componenti della famiglia Ganci, lacchè e sostenitori di Riina. Nei primi giorni di ottobre, Domenico Ganci, figlio di Raffaele, viene seguito per le vie del quartiere Uditore, mentre a Borgomanero Baldassare Di Maggio viene arrestato e collabora. Dalla ricerca attorno ai fiancheggiatori di Riina vengono costruite le mappe dei suoi spostamenti, delle sue abitudini, delle sue frequentazioni. Grazie alla collaborazione di Di Maggio, sulla base dei dati sugli spostamenti dei Ganci e di Anselmo i figli e la moglie di Riina sono individuati con chiarezza mentre escono dal complesso di via Bernini 54 a Palermo. Quanto basta per tessere la tela in cui, il 15 gennaio 1993, cadrà il Capo dei Capi. Arrestato direttamente da Ultimo su via Regione Siciliana, nel traffico del capoluogo siciliano.

La "battaglia dell'Aspromonte" contro Morabito, super-boss della 'ndrangheta

70 anni, dodici in latitanza, decine di omicidi e un curriculum criminale degno dei maggiori boss di Cosa Nostra alle spalle, Giuseppe Morabito è stato per anni inarrestabile nelle operazioni anti-'ndrangheta di Polizia e Carabinieri. Fino al 18 febbraio 2004, quando fu fermato in un'operazione congiunta dei carabinieri del Ros e del comando provinciale dell'Arma di Reggio Calabria in una frazione montana di Cardeto, un centro aspromontano roccaforte della mafia calabrese.

Anni di indagini, ricostruzioni e appostamenti avevano fatto del Ros gli occhi e le orecchie delle forze dell'ordine nella regione. La spessa coltre di nebbia della 'ndrangheta, che negli anni del declino di Cosa Nostra si trovava a ereditare il controllo sui traffici di eroina oltre Atlantico e ambiva a diventare la Mafia più potente d'Italia, era stata squarciata costruendo la mappa mentale della rete di Morabito.

L'operazione fu costruita con appostamenti e camuffamenti, per non dare nell'occhio. Morabito sembrava invisibile. Molti 'ndranghetisti di primo piano furono seguiti e non arrestati per arrivare diretti al vertice. Il 18 febbraio 2004 bastò seguire un uomo diretto al casolare di Morabito per far scattare le manette ai polsi del latitante, allora, più pericoloso d'Italia.

La caduta di Provenzano

Prima di Messina Denaro, l'ultmo arresto di un boss paragonabile a "Diabolik" era avvenuto l'11 marzo 2006, giorno della cattura di Bernardo Provenzano in una masseria di Corleone. Binnu U Tratturi, killer spietato e mente raffinata dell'assalto mafioso allo Stato, fu incarcerato dopo 43 anni di latitanza.

Ros e magistrati avevano braccato per anni Provenzano. Scoprirono come nel 2003 fosse uscito dall'Italia spacciandosi per un panettiere. E con il nome di quello si è fatto ricoverare in una clinica di Marsiglia, città chiave per lo spaccio di eroina e i legami globali della Mafia, in un viaggio di salute e affari dopo il quale tornò con un intervento alla prostata riuscito e numerosi affari conclusi.

Si spacciava per Gaspare Troia, padre di Salvatore, un picciotto "a disposizione" dei Corleonesi. Provenzano era un boss sfuggente, capace di assumere molte identità. Le ricerche furono delegate in questo caso ai poliziotti della Squadra mobile di Palermo guidati da Giuseppe Gualtieri, che operarono sul campo trovando i messaggi in codice con cui Provenzano comunicava. I famigerati "pizzini" divennero la pistola fumante con cui, anno dopo anno, corrieri e prestanome di Provenzano venivano ricercati. "A Corleone non è facile guardare senza essere visti", dichiarava spesso Gualtieri. Che infiltra uomini ovunque: panetterie, negozi, caffè del paese. La pistola fumante arriva da un carico di biancheria proveniente da Provenzano con annessi pizzini. Segno che un casolare da tempo tenuto sotto osservazione era l'abitazione del Boss erede di Riina. Quel giorno cadde il secondo Capo dei capi e iniziò il regno dell'ultimo padrino. Giunto al tramonto con l'operazione omonima di lunedì.

L'ennesimo colpo alle mafie dei servitori dello Stato.

Commenti