Strade, euroindagine sul Campidoglio

Stefania Scarpa

Manutenzione stradale, il Campidoglio nel mirino della Commissione europea. Che non solo ha aperto un’indagine su presunte irregolarità nell’appalto dell’importo complessivo di 730 milioni di euro, ma ha anche anticipato gli esiti della prima parte dell’«inchiesta», in base alla quale a Bruxelles risulterebbe che effettivamente qualche ombra sull’operato del Comune di Roma c’è.
A lanciare il sasso sono stati lo scorso dicembre Alfredo Antoniozzi e Antonio Tajani, europarlamentari di Forza Italia. I due con un’interrogazione scritta protocollata con il codice E-4904/05 chiedono alla Commissione di verificare con un’accurata analisi la presunta violazione da parte della giunta Veltroni della legislazione nazionale e comunitaria in materia di appalti pubblici. Il Campidoglio, infatti, ha in data 3 dicembre 2005 approvato con delibera di giunta «l’affidamento mediante concessione del pubblico servizio di manutenzione e gestione del patrimonio stradale comunale relativo alla viabilità». Un «affarino» da 730 milioni di euro di importo complessivo, circa 1400 miliardi di vecchie lire. A non piacere ai due esponenti azzurri è proprio la formula della «concessione di servizi». La quale, alla luce della legislazione comunitaria e nazionale di riferimento, in un contratto qualificabile come «contratto misto di lavoro, servizi e forniture» potrebbe essere utilizzata solo quando i servizi, per l’appunto, prevalgano chiaramente sui lavori e questi secondi siano solo accessori rispetto ai primi. Cosa che non emerge certamente in questo caso: infatti l’ammontare dei lavori, in base agli stanziamenti previsti, è decisamente superiore al 50 per cento dell’ammontare complessivo: circa 635 milioni dei 730 totali. Solo i restanti 105 sono destinati ai servizi. Quindi secondo Antoniozzi e Tajani, andrebbe senza dubbio applicata la legge 109 del 1994 e l’articolo 3 del decreto legislativo 157/95 in base ai quali in presenza di contratti misti è applicabile la normativa in materia di «appalti di lavori» e non di concessione di servizi. E comunque, alla luce delle direttive 93/73/Cee e 2004/18/Ce e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, si rileva come «nel caso di specie manchi in toto ogni riferimento al diritto di gestione e alla correlativa responsabilità in capo al concessionario che qualificano tale istituto (la concessione di servizi, ndr). I costi delle opere e dei servizi da realizzare sono integralmente sopportati dall’amministrazione comunale, senza alcuna previsione di diritti e oneri in capo al concessionario».
Insomma, sono tanti i dubbi che gli esponenti di Forza Italia avanzano sulla procedura utilizzata dal Campidoglio. Che con specifico atto deliberativo, approvato dal Consiglio comunale, ha qualificato come «pubblico servizio» il complesso delle attività che soddisfano le esigenze della circolazione nel territorio, in quanto il bene patrimoniale viario è a servizio della cittadinanza. decidendo al contempo di «esternalizzarle», come si dice in gergo burocratico.
Una prima risposta alla richiesta di Antoniozzi e Tajani è giunta da Charlie McGreevy a nome della Commissione europea lo scorso 15 maggio. McGreevy annuncia che l’indagine sta procedendo e soprattutto che «la documentazione attinente alla gara conferma (...) che la retribuzione del contraente consiste nel pagamento di un prezzo da parte dell’amministrazione aggiudicatrice.

Quest’ultimo elemento sembra indicare che si tratti in effetti di un appalto pubblico e non di una concessione ai sensi del diritto comunitario».
Insomma, la Commissione, che pure ritiene necessarie «informazioni complementari», sembra convinta come Tajani e Antoniozzi che in quell’appalto ci sia qualcosa che non va. La vicenda è appena iniziata.

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