A volte non basta una confessione per essere certi di avere un colpevole di un reato. Lo dimostra la sentenza della Corte d'appello di Reggio Calabria che dopo 21 anni, due mesi e 15 giorni di detenzione ha assolto per non aver commesso il fatto Giuseppe Gulotta, 55 anni, accusato della strage alla casermetta di Alcamo Marina, in Sicilia.
Il fatto avvenne il 27 gennaio 1976, quando vennero uccisi due carabinieri, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, all'epoca poco più che diciotteni. Dai loro armadietti sparirono divise e armi, e altri effetti personali. Dopo la strage, il 13 febbraio, venne fermato con due armi sull'automobile Giuseppe Vesco. Una delle pistole era una Beretta calibro 9, in dotazione alle forze dell'ordine. Il ragazzo disse che doveva solo consegnarle armi sulla spiaggia, fu interrogato e fece i nomi di Giuseppe Mandalà, che venne trovato in possesso di armi, e dei presunti complici, Gaetano Santangelo, Vincenzo Ferrantelli e Gulotta, diciannovenne all'epoca dei fatti. Quest'ultimo si è sempre dichiarato innocente, ma fu condannato all'ergastolo con sentenza definitiva nel 1990.
Eppure dopo diversi anni a l'ex brigadiere Renato Olino, che si occupò del caso, ha rivelato che per far confessare Vesco erano stati usati metodi persuasivi "eccessivi", scagionando di fatto il condannato. Ci sono voluti però altri nove processi, tra rinvii della Cassazione e questioni procedurali, perché la Suprema Corte concedesse la revisione del processo, iniziata finalmente nel 2009.
Nel frattempo, Vesco è
stato trovato impiccato nell'infermeria del carcere di Trapani, ma l'ipotesi di una sua confessione forzata è stata confermata anche dalle parole di un collaboratore di giustizia siciliano, Vincenzo Calcara.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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