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Strage di via D'Amelio, tutto da rifare: si va verso la revisione del processo

I pm di Caltanissetta hanno già trasmesso gli atti con le dichiarazioni di Spatuzza che smontano quelle di Scarantino, su cui si sono basate le sentenze precedenti. Uno dei nuovi filoni d'indagine riguarda i depistaggi sull'eccidio

Tutto secondo copione. Come è stato chiaro sin dall'inizio, da quando cioè il pentito Gaspare Spatuzza ha praticamente azzerato le accuse su cui si basava il precedente processo, mosse dal falso pentito Vincenzo Scarantino, si va verso la revisione del dibattimento sulla strage di via D'Amelio, l'eccidio del 19 luglio del '92 in cui furono trucidati Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta. La Procura di Caltanissetta ha chiuso l'indagine scaturita dalle dichiarazioni di Spatuzza e del pentito Fabio Tranchina e ha trasmesso gli atti alla Procura generale perché si avvii la revisione del processo. I magistrati sono convinti che sette dei condannati all'ergastolo sarebbero estranei all'attentato. Di qui la necessità di fare la revisione e di celebrare un nuovo processo.
Le nuove carte, come ha anticipato il Giornale di Sicilia, sono state depositate in questi giorni. Il nuovo filone d'indagine ha rimesso in discussione tutto l'impianto processuale basato sulle dichiarazioni di Vincenzo Scarantino, e ha anche gettato ombre sul lavoro del pool investigativo guidato da Arnaldo La Barbera, morto nel 2002, che secondo il procuratore Sergio Lari avrebbe costruito un «colossale depistaggio». Sotto accusa sono finiti apparati investigativi e uomini dei servizi di sicurezza. Tre di loro sono indagati: Mario Bo, attuale dirigente della squadra mobile di Trieste; Vincenzo Ricciardi, questore di Bergamo, e Salvatore La Barbera, ora dirigente della polizia postale di Milano. Sulle altre richieste della Procura il riserbo è assoluto. Sarà il procuratore generale di Caltanissetta Roberto Scarpinato, nei prossimi giorni, a valutare il fascicolo.
Al di là della ricostruzione materiale dell'eccidio, è proprio il nuovo filone del depistaggio il vero elemento di svolta della nuova inchiesta sul terribile eccidio di 19 anni fa. Secondo gli inquirenti sarebbe stata costruita una falsa verità sugli organizzatori e sugli esecutori dell'attentato. Scarantino sarebbe stato indotto ad accusarsi di essere l'autore del furto della Fiat 126 imbottita di tritolo esplosa in via D'Amelio. Le sue dichiarazioni depistanti sarebbero state «suggerite» dagli stessi investigatori che avrebbero anche «taroccato» un verbale del 1994. Agli atti dell'inchiesta sono finiti alcuni fogli con le annotazioni di un poliziotto che avrebbe imboccato Scarantino alla vigilia degli interrogatori nei processi. La Barbera, morto nel 2002, guidava il gruppo di investigatori che si occupò della strage.

Nella stessa squadra lavorava Gioacchino Genchi che, non condividendo tecniche e modalità investigative, ne uscì dopo una polemica interna.

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