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Stragi del '93: il finto giallo contro Berlusconi

Dopo 17 anni ex presidenti, ministri, procuratori ritrovano all'improvviso la memoria ed evocano il rischio golpe. A supporto del presunto mistero non c'è prova. Ma la tesi da dimostrare è chiara: Berlusconi è l'origine di tutti i mali 

Stragi del '93: il finto giallo contro Berlusconi

Il 1993 sta diventando un giallo. All’improvviso presidenti, ministri, comparse, procuratori e testimoni retroattivi hanno cominciato a sussurrare che quello non era un anno qualsiasi perso nel passato. Sorpresa. Il 1993 è una sliding door, una porta scorrevole, un passato ipotetico. Gli attentati a Roma, Milano e Firenze non erano solo mafiosi, ma nascondevano una strategia della tensione. Qualcuno agiva nell’ombra per fare un golpe. Chi? Pezzi dello Stato. Come? C’era un vuoto politico e tirando bombe si creava l’occasione per un bel governo forte. A vantaggio di quale potere occulto? A questa domanda nessuno risponde con chiarezza, ma ammiccando, dicendo e non dicendo, spatuzzando qua e là si fa capire che la risposta è quella solita: Silvio Berlusconi. Ci risiamo. Il Cavaliere origine di tutti i mali. Carlo Azeglio Ciampi, premier tecnico chiamato a Palazzo Chigi per far digerire una manovra di lacrime e sangue agli italiani, diciassette anni dopo si ricorda che quelle bombe facevano pensare a un colpo di Stato. Nicola Mancino, allora ministro degli Interni, si accoda: «Anch’io temevo fosse in atto un colpo di Stato». Il procuratore antimafia Piero Grasso conferma il sospetto: «C’era un vuoto politico che poteva riempire chiunque». Pierluigi Vigna parla di servizi deviati e quelli d’altra parte non mancano mai. È come accusare il maggiordomo. Male che vada risulta banale. Oscar Luigi Scalfaro si adegua: «In quella notte terribile delle bombe la democrazia era debole». Suspense. Qualcosa è accaduto. Non c’è la prova di un golpe. Non si sa chi doveva farlo. Non si sa bene neppure come. Ma tutti i protagonisti di quegli anni ritrovano la memoria e concordano su una cosa: «C’è del marcio in Danimarca». Il resto del Paese non ha ancora capito bene di cosa si sta parlando, ma questi saggi signori evocano scenari ambigui e terrificanti. C’è qualcosa che non torna.
Fortuna che Walter Veltroni tira fuori qualcosa di concreto. Prima la tesi: «Quelli erano delitti dell’antistato». Poi la pistola fumante: «Gli italiani soffrono di una sorta di Alzheimer collettivo. Nessuno ricorda più nulla». Ohhhh. La prova? «I sintomi di questa malattia sono individuabili nel proliferare di dvd su Mussolini». Ecco, questo è un fatto che inchioda. L’ultima metamorfosi di Zelig Veltroni si è compiuta. Politico, collezionista di figurine, critico cinematografico, missionario in Africa, Obama bianco, futuro premio Nobel della letteratura, e alla fine investigatore con tanto di spolverino alla Bogart. Magnifico.
A questo punto uno potrebbe dire, citando Giuliano Ferrara: ma cari signori, a che servono tutti questi misteri? Se avete prove parlate, altrimenti smettetela di insinuare scenari fantapolitici. Visto che tutti questi teorici del golpe a scoppio ritardato non stavano in vacanza in Australia o persi nello spazio intergalattico, ma ben radicati al cuore dello Stato, come mai allora non hanno capito nulla? Il consiglio è: chi sa parli.
Il discorso dell’Elefantino è saggio e razionale. Ma qui abbonda la fantasia. Si consiglia agli amanti delle commissioni d’inchiesta (tutte tranne quella per fare luce su chi ha rubato i miliardi di Rizzoli) di mettere insieme gli indizi targati 1993. Eccoli. Cosa è accaduto quel maledetto anno? Enrico Ruggeri vince Sanremo con Mistero. Bill Clinton è il quarantaduesimo presidente degli Stati Uniti. Un’autobomba esplode nei sotterranei del World Trade Center (le Torri gemelle); dell’attentato, che provoca 5 morti e circa 300 feriti, sono sospettati gli integralisti islamici (obiettivo sponsorizzare la discesa in campo di Berlusconi). Viene abolita la Cassa del Mezzogiorno. Uno squilibrato tedesco di 38 anni pugnala alla schiena la tennista Monica Seles. Lorena Leonor Gallo evira il marito John Wayne Bobbitt. Fausto Bertinotti viene eletto segretario di Rifondazione comunista. Cagliari e Gardini si suicidano. Entra in vigore il trattato di Maastricht. Il Vaticano riconosce lo Stato d’Israele. Giulio Andreotti viene processato per mafia.
Mettete tutte queste cose nel piatto, mescolate bene, chiamate Dan Brown e qualcosa verrà fuori. Il risultato è lo stesso. Ciampi e compagnia non sono dei romanzieri. Ma qualcosa di molto più ambiguo. Gettano fango e nascondono la mano.

O sanno troppo o il golpe, con un bel governo tecnico, pensano di farlo loro.

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