Il peccato originale.È quello che si porterebbe dietro l’inchiesta napoletana su Marco Milanese. Al comando generale delle Fiamme Gialle l’andamento di questa indagine ha sempre sollevato molti sospetti. Sospetti che portano dritti ad una domanda molto pesante: perché questo fascicolo così importante è stato ceduto chiavi in mano alla polizia di Stato? Ecco la questione che non torna, il quesito che alimenta i retropensieri degli ufficiali e in definitiva il dubbio che dietro il paravento di investigazioni delicatissime si combatta la guerra per il posto di comandante generale del corpo. La data chiave, segnata sul calendario, è quella del maggio 2012, fra meno di un anno, quando andrà in «pensione» l’attuale comandante Nino Di Paolo.
Chi prenderà il suo posto? La rosa dei pretendenti è ristretta ad un pugno di generali di corpo d’armata e fra questi in pole position, anche per il poderoso curriculum e i titoli vantati, ci sarebbe Emilio Spaziante, al momento comandante interregionale dell’Italia centrale. Ma naturalmente nulla è scontato: Spaziante deve vedersela con concorrenti potenzialmente molto robusti e fra questi c’è un personaggio che balzato agli onori delle cronache per la fuga di notizie sulla P4: il generale Michele Adinolfi, capo di stato maggiore del corpo. Adinolfi è azzoppato dallo scavo di Henry John Woodcock su Bisignani e dintorni.
Sarebbe lui la talpa che attraverso una tortuosa mediazione, passata per il numero uno dell’ Adnkronos Pippo Marra, avrebbe soffiato informazioni preziose e riservate a Bisignani, mettendolo sull’avviso. Adinolfi, e questo è un dato molto importante, è stato accusato, anche in un drammatico confronto, proprio da quel Milanese che oggi è nella bufera. E così si torna al peccato originale.E ai primi passi dell’indagine avviata dal Pm di Napoli Vincenzo Piscitelli. Strano, molto strano ma la pista che porta a Milanese nasce in casa delle Fiamme Gialle. Precisamente al Nucleo speciale, guidato da Leandro Cuzzocrea. Il Nucleo speciale s’imbatte infatti nei torbidi rapporti fra Paolo Viscione, imprenditore, e Milanese che non solo è un deputato, ma anche il braccio destro del ministro dell’Economia Giulio Tremonti e un ex ufficiale delle Fiamme Gialle.
Chiunque conosca un minimo il funzionamento degli apparati investigativi sa che questi dati bastano e avanzano perché un reparto si tenga ben stretto il fascicolo. La regola generale è semplice: ciascun corpo fra pulizia in casa propria. Questa volta però non va così: l’indagine che colpisce un uomo cerniera fra le Fiamme Gialle, in cui Milanese è stato per molti anni risalendo i gradi della carriera fino a congedarsi come colonnello, e il ministro dell’economia, viene ceduta alla polizia. Perché? Come è maturata questa decisione? Tocca dunque agli agenti proseguire il lavoro e i poliziotti vanno avanti, senza quel minimo riguardo che i finanzieri, va da sé, avrebbero avuto per l’ex collega. La polizia accumula indizi e elementi per mesi, Milanese capisce che per lui tira una brutta aria. Intanto, Cuzzocrea, sempre comandante del Nucleo speciale, è stato promosso generale e Adinolfi, che a Cuzzocrea sarebbe molto legato, si prepara alla volata per la successione a Di Paolo. Al comando generale, in Viale XXI Aprile, leggono con stupore e mettono in fila tutti questi fatti.
Si nota come i rapporti fra Adinolfi e Milanese si siano guastati e qualcuno dice che in vista del cambio al vertici del corpo, Tremonti starebbe con Spaziante e comunque non gradirebbe Adinolfi. Ma ecco che su Milanese, e di riflesso su Tremonti, si abbatte l’indagine partita proprio dentro le Fiamme Gialle. Coincidenza. Gli equilibri, dentro il corpo e fra il comando generale e via XX Settembre, cambiano. Le quotazioni di Adinolfi salgono, ma a sorpresa ecco che Milanese parla con Henry John Woodcock e Francesco Curcio, raccontando la storia devastante della fuga di notizie a vantaggio di Bisignani. Adesso in difficoltà si trova anche Adinolfi che finisce sotto inchiesta per una storia molto imbarazzante. A questo punto, sempre seguendo la lettura che arriva dall’interno della caserma di Viale XXI Aprile, gli schieramenti sono entrambi nell’angolo per via delle due indagini napoletane. E qualcosa- basta leggere i retroscena pubblicati dai quotidiani nei giorni scorsi - arriva anche alle orecchie di Berlusconi e Tremonti. Tremonti fa una battuta allusiva al premier sulle trame che correrebbero dentro le Fiamme Gialle.
Forse sospetta a sua volta una manovra a tenaglia: Adinolfi è in ottimi rapporti con Berlusconi, come lui lo è con Milanese. Si sente accerchiato e cerca di capire. È la solita questione: sono i generali a sfruttare le relazioni con la politica o i big a giocare con le stellette? Berlusconi, guarda la combinazione, convoca immediatamente non il comandante generale, come pure sarebbe logico, ma proprio Adinolfi. Che naturalmente, nega l’esistenza di trame. I pm di Napoli, che non si fanno mancare niente, intercettano questa conversazione. Subito dopo convocano Adinolfi che conferma: il rapporto con Milanese si è rotto nell’autunno 2010.
«Non so spiegarmi - mette a verbale il capo di stato maggiore- perché da voci diffuse ho appreso che lui (Milanese, ndr ) mi ritenga responsabile delle sue vicissitudini giudiziario mediatiche: mi si chiede chi mi abbia riferito ciò e vi rispondo che di tratta di voci alle quali in questo momento non riesco a dare un nome». Le trame, si sa, camminano sempre su gambe veloci. Troppo veloci. Si dice il peccato ma non il peccatore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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