Strappo al Sud, nasce il Pdl Sicilia Fini si sfila: «Non sono io il regista»

REGIONALI Da Letta l’ok alla conferma di Galan in Veneto: «È il miglior governatore d’Italia»

Strappo al Sud, nasce il Pdl Sicilia Fini si sfila: «Non sono io il regista»

RomaMare mosso attorno alla Trinacria: nasce il Pdl Sicilia e il centrodestra isolano si spacca. In maniera ufficiale, stavolta, visto che la tregua armata durava ormai da mesi. Per carità, nessun fiocco azzurro per il Partito del Sud («rimaniamo nel Pdl, ma bisogna cambiare marcia», si assicura), ma è evidente che la rottura non sarà indolore. Così, tutti insieme ma ognuno per la sua strada, tra i banchi dell’Assemblea regionale. È il paradosso della crisi politica che si respira da tempo nella terra di Pirandello, dove 15 consiglieri su 32, che contestano la linea dei due coordinatori, Giuseppe Castiglione e Domenico Nania, costituiranno lunedì un gruppo autonomo all’Ars, dentro i confini ridisegnati del Pdl. Un fronte cospicuo, contrapposto alla componente che fa capo ad Angelino Alfano e Renato Schifani.
«È giunto il momento di differenziarci, non è più possibile andare avanti così», lamenta il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianfranco Micciché - a capo dell’iniziativa, insieme ai deputati finiani Fabio Granata, Carmelo Briguglio e Pippo Scalia - dopo aver spiegato di persona le ragioni della scelta al presidente della Camera. «Avevamo proposto la nascita di un triumvirato, ma non è arrivata risposta», lamenta Granata. Mentre Briguglio delinea lo scenario: «Non siamo alla vigilia di strappi, scissioni e tanto meno iniziative contro qualcuno o qualcosa», ma «nel week-end ci incontreremo per assumere decisioni definitive sull’idea di Pdl-Sicilia come progetto di radicamento del Pdl e di rafforzamento del governo Lombardo».
La prende con ironia il coordinatore nazionale Ignazio La Russa, ovviamente contrario: «Lasciamo perdere, allora io faccio il Pdl a Paternò, mio comune di nascita, o a Messina...»). Ci tiene invece a fissare alcuni distinguo la terza carica dello Stato. «È una questione tutta siciliana - spiega Fini ai suoi - che non autorizza nessuno a dire che io sia il regista, anche perché più della metà facevano parte di Forza Italia». Per il presidente della Camera, nel Pdl isolano «c’è una netta divisione di strategia, non politica». Così, in quanto co-fondatore Pdl, ed «essendo una questione importante», Miccichè e gli altri «sono venuti da me per comunicare l’iniziativa».
Chiuso il capitolo Sicilia, Fini rilancia il «niet» alla promozione del ministro dell’Economia. Giulio Tremonti vicepremier? «Non c’era nessuna ragione» per l’investitura. Così, dopo averlo anticipato giorni fa al Cavaliere, adesso fa mettere tutto nero su bianco. E affida a Bruno Vespa - dal 6 novembre finirà in libreria il suo Donne di cuori - pure il plauso per la soluzione trovata, «del tutto soddisfacente». Insomma, disco verde all’«organismo collegiale», presieduto da Tremonti, chiamato a «verificare come coniugare rigore e sviluppo». Una decisione in linea con «quanto mi era capitato di auspicare in modo anche brutale», quando «la mia richiesta di trovare organismi di discussione sembrava provocatoria e velleitaria». Si supera così, secondo Fini, «il problema» originale, che «nasceva dalla contestazione di alcuni ministri ai tagli indifferenziati imposti dal ministero dell’Economia». In ogni caso, «nessuno discuteva la primazia del ministro dell’Economia, ma si era creato un corto circuito su questo punto». Caso chiuso? Si vedrà.
Nel frattempo, Fini ribadisce la sua linea dialogante sul versante delle riforme. Su questo fronte, infatti, l’inquilino di Palazzo Chigi non pare concordare appieno, convinto che sia «la maggioranza degli italiani, che sta con noi», a chiedere di «modernizzare il Paese». A cominciare dal settore giustizia. «È molto agguerrito e sta studiando la strategia da portare avanti», spiega chi ha avuto modo di sentirlo. Una strategia che contempla una «totale discesa in campo», anche attraverso interventi in tv. Perché - è il ragionamento - il processo Mills non ha alcun senso, è una roba imbarazzante, e nella magistratura «vi è una minoranza politicizzata che influenza la maggioranza». Ecco perché il premier si prepara ad un «nuovo attacco frontale».
Ma al di là della querelle giustizia, vanno sciolti i nodi sulle candidature per le Regionali.

E se salgono le quotazioni di Renata Polverini nel Lazio e di Nicola Cosentino in Campania, ancora aperta la partita al Nord. Lo dimostra l’elogio pubblico di Gianni Letta al governatore veneto, Giancarlo Galan: «Se dipendesse da me, lo ricandiderei per i prossimi 15 anni, è il miglior presidente di Regione in Italia».

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