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Le ombre cinesi dell'America

Prosegue sottotraccia la vera partita in corso tra potenze autocratiche (Russia e Cina) e impero americano gestito da un ammiratore degli autocrati

Le ombre cinesi dell'America
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Babbo Natale non porterà la pace in Ucraina. Ormai da settimane, le già stanche opinioni pubbliche vengono cloroformizzate con l'eterna ripetizione dell'uguale: è il tempo della speranza, mai la pace è stata così vicina. Ce lo ripetono i diretti interessati americani (quel Nobel per la Pace cui Donald Trump ambisce mentre minaccia di attaccare il Venezuela) e anche quelli ucraini (che hanno capito che a Trump conviene dar sempre ragione). Un bel po' meno quelli russi, che si limitano a definire "un'utile base di partenza" lo sbilanciatissimo piano dei 28 punti che loro stessi hanno servito all'inviato-sdraiato della Casa Bianca Steve Witkoff, e che Witkoff ha rifilato agli ucraini come se fosse suo.

Ma è solo un gioco delle parti, in cui ciascuna ritiene di avere un obiettivo da conseguire: Trump una pace purchessia per poter ricominciare a fare affari (anche privati) con il criminale di guerra Putin; la Russia guadagnar tempo facendo richieste massimaliste inaccettabili, tacciando di guerrafondai Ucraina ed Europa che giustamente le respingono, e così continuando la guerra raccontando di volere la pace; la stessa disgraziata Ucraina, cui conviene nonostante tutto continuare a lodare Trump e giurare che la pace sia davvero vicina, non fosse che purtroppo Putin non la vuole.

Intanto, prosegue sottotraccia la vera partita in corso tra potenze autocratiche (Russia e Cina) e impero americano gestito da un ammiratore degli autocrati: il do ut des che ha in palio la suddivisione del mondo in zone d'influenza, ignorando la volontà dei popoli.

C'è chi chiama questa regressione alle logiche ottocentesche un avanzamento dell'orologio della Storia, ma è vero il contrario: a Mosca, in particolare, un regime di fatto neostalinista ha trovato a Washington e a Pechino complici per costruire un futuro modellato su una falsa idealizzazione di un orribile passato.

Lasciamo da parte le favole ireniste e guardiamo i fatti. Trump minaccia apertamente di disarcionare Nicolàs Maduro, dittatore del Venezuela, e dai suoi alleati di Mosca e Pechino non arriva un fiato: la Casa Bianca vuol tornare padrona incontrastata dell'intero continente americano, e qualcosa (in Europa come in Asia) dovrà pur concedere ai suoi rivali/complici.

La nuova premier del Giappone, vicina al presidente Usa come nessun suo predecessore, sfida Xi Jinping a non toccare Taiwan in nome dell'interesse nazionale di Tokyo, e Trump cosa fa? La invita a non stuzzicare Xi, il quale lo ha

appena informato di considerare il futuro passaggio di Taiwan sotto il controllo cinese "elemento importante del nuovo ordine mondiale". È questo il vero gioco cui un'America non più guida del mondo libero purtroppo si presta.

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