Dopo Strauss-Kahn, gli hacker Che maledizione per l’Fmi

Il direttore, ormai, si è dimesso, è al centro di uno scandalo storico, si è attirato le ire delle donne di mezzo mondo, è accusato di stupro a New York e, per ora, è ai domiciliari in un appartamento di lusso a Manhattan. Questo per quanto riguarda Dominique Strauss-Kahn, prossima udienza in tribunale il 18 luglio. Il Fondo monetario internazionale, che di solito non ama farsi troppa pubblicità, nell’ultimo mese è diventato all’improvviso un protagonista da prima pagina, a causa degli affaire a sfondo sessuale del suo ex direttore, il sogno della sinistra francese. Ma l’effetto Dsk non si è fermato lì: il Fondo monetario è uscito dall’ombra e prima gliene è capitata una, ma poi subito un’altra, e un’altra ancora.
Come se non bastassero i guai dell’economia globale, un paese intero come la Grecia da salvare, per dire, l’Fmi è finito al centro di un’altra vicenda incresciosa: i suoi computer sono stati presi di mira dagli hacker, e non si è trattato di uno scherzo da ragazzini. Il tentativo di intrufolarsi nei pc è andato avanti per mesi, anche se i vertici dell’istituzione l’hanno scoperto solo qualche giorno fa. E secondo gli esperti è stato «un attacco cibernetico sofisticato su larga scala», condotto per rubare informazioni preziose, dati segreti sui Paesi del Fondo e le loro finanze (compresi quelli in crisi, che potrebbero fare gola a molti speculatori).
Il New York Times ha spiegato che indaga pure l’Fbi. Ma non è ancora chiaro quando l’azione degli hacker sia cominciata, quanto sia durata esattamente e, ciò che più conta, quanti e quali documenti siano stati violati. Non è un problema da poco, visto che l’Fmi ha accesso a informazioni sensibili su decine di Paesi. Per esempio sulla Grecia, in piena crisi finanziaria. «Il Fondo è pienamente operativo» ha rassicurato un portavoce, ma è vero che i pirati non avrebbero potuto scegliere un momento più delicato per il loro assalto informatico. Il tentativo pare fosse quello di insinuarsi con un software che avrebbe garantito agli intrusi lo status di «nazione», permettendo così di accedere ai dati riservati. E, anche se non si sa con precisione quanto, hanno colpito: i computer e il sistema, che si è scoperto troppo vulnerabile. Un altro guaio per il Fondo, oltre alla successione a Dsk. In prima fila, come è noto, c’è il ministro francese delle Finanze, Christine Lagarde, che sarebbe la prima donna al vertice, che in questi giorni è impegnata a guadagnarsi consensi in giro per il mondo e che si dice «molto fiduciosa» sulle sue possibilità di vincere. Eppure anche qui il destino getta qualche ombra, sarà sempre l’effetto a cascata del caso Dsk, ma su Lagarde pende una decisione della Corte di giustizia della Republique, che l’8 luglio stabilirà se aprire un’inchiesta sul ministro per abuso di potere, in merito al caso del controverso uomo d’affari Bernard Tapie.
Lagarde ha minimizzato, ma certo se dovesse finire a processo, per il Fondo sarebbe un altro colpo da digerire.

Nella lotta per la carica occupata fino al mese scorso da Dsk si sono poi inseriti altri due candidati, il messicano Agustin Carstens, appoggiato da molte nazioni latino americane e il governatore della Banca d’Israele Stanley Fischer (che è americano d’origine). E da chi ha ottenuto sostegno l’israeliano-americano Fischer? Inaspettatamente, dal primo ministro palestinese Fayyad, suo ex collega al Fondo. Tutt’altre faccende, ma insomma anche qui, è chiaro, qualcosa non torna.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica