Strauss-Kahn a processo il 6 giugno

È un po’ come nei film, quelli americani sulle battaglie giudiziarie, con lunghe scene sulle arringhe dei re del foro e appassionate difese di piccoli o sconosciuti legali. Anche il caso Dsk offrirà la sua lotta tra avvocati, tra due uomini di legge dal passato molto diverso. A Benjamin Brafman, il famoso avvocato newyorchese delle cause celebri, ospite dei salotti più in voga e sempre pronto a parlare di fronte alle telecamere, si oppone un tale Jeffrey Shapiro, che invece di occuparsi di processi celebri e del destino delle star del rock si occupa di solito di malasanità e incidenti sul lavoro. È lui l’avvocato della donna dell’Africa occidentale, presunta vittima di violenza sessuale da parte di Dominique Strauss-Kahn, ex presidente del Fondo monetario internazionale.
«Il contrasto non potrebbe essere più sorprendente», ha scritto a proposito dei due legali il quotidiano francese Figaro. Benjamin Brafman, infatti, è l’avvocato che, per ingenti somme di danaro, ha difeso anche cause indifendibili di vip e nomi dello spettacolo, evitando loro di finire in cella. Tra i suoi clienti ci sono stati Michael Jackson e il rapper Sean «P. Diddy» Combs. Dall’altra parte, Shapiro, sulla cinquantina, come il suo collega, da 25 anni si occupa di difendere comuni cittadini, «blue collar», come spiega il sito del mensile americano Atlantic: la classe operaia, i lavoratori. E di solito, lo fa contro le grandi istituzioni: gli ospedali, il Comune di New York, le società dove i suoi clienti lavorano.
La differenza sta anche nell’onorario. Sul sito dello studio legale dell’avvocato Shapiro compare una frase che in italiano suona più o meno così: «La somma che guadagneremo dipenderà dalla vittoria perché se perdiamo non ci pagherete». Si può, perché è l’America e non l’Europa, dove un avvocato non può patrocinare un cliente gratuitamente senza andare contro la legge. Shapiro è stato chiaro fin da subito: «Non sono pagato», ha detto davanti alle telecamere.
In comune con il rivale Brafman, l’avvocato newyorchese esperto di malasanità sembra avere soltanto l’indirizzo dello studio: sulla terza strada a Manhattan. Sul suo sito non ci sono nomi di rock star, ma le fotografie di dottori in corsia, di una signora anziana in carrozzina, di un uomo con il caschetto di plastica al lavoro in un cantiere. La più grande vittoria di Shapiro, una causa che gli è valsa 22,1 milioni di dollari, è stata la difesa di una paziente di Brooklyn; ha portato a casa 2,79 milioni per il caso di un ragazzino investito da un autobus e 1,65 milioni per aver preso le parti una professoressa che si era chiusa le braccia in una porta della scuola.
L’avvocato del cittadino arrabbiato e delle cause civili racconta di aver «ereditato» il caso Dsk da un amico, un altro legale che conosceva la famiglia dell’immigrata africana. Se Brafaman è molto spesso in tv a a parlare di celebrity, Shapiro ci passa ogni tanto a spiegare al cittadino a chi rivolgersi se il medico lo ha curato male.

Ora, scrivono già i mass media americani, Shapiro sembra essersi abituato al piccolo schermo, dove è iniziata la sua strategia difensiva. Il resto lo si vedrà il 6 giugno, quando inizierà il vero processo, dove la difesa dichiarerà Dsk innocente per tutte le accuse.

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