Stregati da Judith, la fata delle piante selvagge

Paolo Marchi

nostro inviato a Cerniat (Svizzera)

Ancora poco più di due mesi e a fine ottobre terminerà la stagione di uno dei ristoranti più insoliti e magici dell’intera Europa: La Pinte des Mossettes, in località Valsainte nella Svizzera francofona. Il biglietto da visita è chiaro: Ouvert du 15.3 au 31.10, poi il sipario calerà e non si potrà far altro che attendere. Attendere che Judith Baumann si riposi, ricarichi la mente e si metta a pensare e quindi creare nuovi piatti, nuovi incanti per clienti che, a differenza del sottoscritto, due settimane fa non avevano fretta alcuna di salire in auto e ripartire.
La Valsainte è un niente collinare a 16 km da Bulle, centro a metà strada tra Montreux e Friburgo. La strada, già stretta, nell’ultimo tratto si restringe ancor più. In compenso si allargano occhi, mente e polmoni. Salendo, l’edificio è in basso sulla destra. Se fa caldo si pranza all’aperto, altrimenti o a piano terra (anche bar) o al primo, che consiglio per atmosfere ancora più intense anche se bisogna abituarsi all’asimmetria della struttura. Entri, sali la scala in legno ed è un niente chiedersi cosa ci sia di strano. Aguzzi la vista, metti a fuoco alcuni punti e noti che tutto è svirgolo, come avere gli occhi di una persona allegra e brilla.
È l’effetto dell’impercettibile movimento di un terreno umido e verticale, in continuo millimetrico assestamento. Nulla di voluto ma tutto perfettamente in sintonia con il personaggio Baumann, figura minuta e sognante, uno sguardo da cerbiatta che se te ne innamori non corrisposto può solo spaccarti il cuore. Ma anche se lei fa di tutto per passare per un’abitante delle nuvole, dolcemente svanita e lontana dal quotidiano tran tran, guai credere sia una cuoca da pappette macrobiotiche.
Ai fornelli Judith ha carattere, tecniche e idee da chef patentato, in possesso di robuste conoscenze messe al servizio dei profumi della sua terra, gli aromi del bosco, il fieno, i fiori, ma anche i suoi ricordi e il mondo che ha conosciuto, ad esempio il menù vegetariano è intitolato Via Toscana e quello principale Lettre d’un naufragé, il peregrinare di un naufrago in mare, con un continuo evocare i rifugi più intimi come il superbo Au coeur de l’île, un manzo spadellato adagiato tra erbe, ortaggi e funghi, e sotto un brodo che lei immagina come fosse L’eau du petit lac est transparente. E poi la crema di erbe officinali con un tortino di funghi e fiori, in un continuo giocare tra profumi noti anche in città e fragranze che puoi scoprire solo salendo in quota. E da fine settembre il Bénichon...
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