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Strutture religiose sul piede di guerra: «I tagli regionali così ci strangolano»

Immobile, avvolta dai debiti e commissariata. Questa è la fotografia della sanità nel Lazio, frutto della gestione fallimentare della giunta Marrazzo. Che non è riuscita a domare la tempesta dei conti in rosso, ripianando l’esoso deficit. Un ritratto ulteriormente sbiadito dal nuovo timoniere della Pisana, Esterino Montino. L’ennesima bufera ha travolto il sistema sanitario regionale ed è stata scatenata qualche giorno fa presso la sede regionale dell’Aris (l’associazione religiosa che raggruppa gli istituti socio-sanitari), dai direttori degli ospedali religiosi classificati romani San Giovanni Calibita-Fatebenefratelli, Madre Giuseppina Vannini, Cristo Re, San Pietro-Fatebenefratelli, San Carlo di Nancy, Regina Apostolorum e Israelitico. Che, unitamente ai rappresentanti dei due istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, Santa Lucia e Idi, hanno chiesto alla Regione di essere equiparate alle strutture ospedaliere pubbliche.
«Le delibere regionali degli ultimi 4 anni - ha spiegato il presidente regionale dell’Aris, Michele Bellomo - con gli abbattimenti tariffari, i budget sui volumi di attività e i ritardi dei pagamenti sulle prestazioni erogate hanno messo a serio rischio le nostre strutture. Che saranno minate a livello occupazionale, con la conseguente sospensione di alcune attività in convenzione, se non verranno riconosciute alla stregua degli ospedali pubblici. Abbiamo notificato una diffida alla Regione per chiedere la definizione degli accordi sulla base di una concreta equiparazione». E ancora. Dai dati relativi al 2008, è emerso che, a pari complessità di prestazioni erogate, le strutture classificate sono meno dispendiose di quelle pubbliche.

Un’eccellenza nei servizi per gli ospedali religiosi confermata anche da altre cifre: sempre l’anno scorso sono stati 100 mila i ricoveri effettuati, 173 mila gli accessi di pronto soccorso e ben 4.547.332 le prestazioni specialistiche ambulatoriali erogate».

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