Studente morto: cocaina nei polmoni

Rilevati residui di crack nel corpo di Dario Evola, 15 anni: «Una piccola quantità è stata sufficiente a ucciderlo»

da Milano

Solo qualche «tiro». Tre o quattro al massimo. Ma letali. Non di hashish o marijuana, ma «pasta base». Crack, in breve. Cocaina «lavata» - così si dice in gergo - e cristallizzata. Molto più pericolosa. Tanto da uccidere. E di crack potrebbe essere morto Dario Evola, 15enne deceduto il 16 maggio scorso nell’istituto tecnico «Carlo Emilio Gadda» di Paderno Dugnano (comune dell’hinterland milanese) in seguito ad arresto cardiaco. Tracce di cocaina, infatti, sono state trovate nel suo organismo. Così stabiliscono i primi esiti dell’esame tossicologico giunti alla Procura di Monza, titolare dell’inchiesta.
La perizia, dunque, ha rilevato residui di crack nei polmoni di Dario. Piccole quantità che comunque potrebbero essere state sufficienti a uccidere il giovane. Esclusa, invece, la presenza di cannabis nel sangue del 15enne. Il quadro completo dell’accertamento, comunque, arriverà in Procura solo nei prossimi giorni. In ogni caso, già l’autopsia non aveva individuato patologie congenite o malformazioni cardiache tali da poter provocare la morte del ragazzo. Solo, un leggero ingrossamento del cuore. Cosa non anomala tra gli sportivi. E Dario giocava a calcio dall’età di nove anni.
Al momento, il fascicolo affidato al pm Francesca Vullo resta a carico di ignoti. L’ipotesi di reato è ancora di morte in seguito ad altro reato. Ma sono chiari gli obiettivi degli inquirenti. Primo, individuare i pusher che hanno introdotto lo stupefacente nella scuola. Secondo, identificare i ragazzi (e, stando alle testimonianze, dovrebbero essere quattro) che durante l’intervallo avevano condiviso la «canna» con Dario. Terzo, valutare le eventuali responsabilità di chi, nell’istituto, aveva l’onere della «sorveglianza». In primis, quindi, il preside.
Determinanti, per ricostruire i quindici minuti che hanno ucciso Dario Evola, saranno le deposizioni rese degli studenti della «Gadda». Un quarto d’ora, dalle 10.45 alle 11. Il tempo per una fumata clandestina nel corridoio, a pochi passi dalla «1a A», dove il ragazzo è morto accasciandosi su un banco. «Non riesco a respirare», sono state le sue ultime parole, prima di essere sottoposto a un lungo - e inutile - massaggio cardiaco. Racconti fondamentali anche per andare oltre quel quarto d’ora. E per capire come - all’interno di una scuola - potesse esistere un «corridio della droga». Così avevano raccontanto agli inquirenti i due ragazzi che, il giorno della morte del 15enne, lo avevano visto fumare in un corridoio della scuola.


E questo avevano ripetuto altri giovani della «Gadda», i cui racconti potrebbero aiutare a chiarire se sia esistito un «giro» di stupefacenti all’interno della scuola, sia di hashish che di cocaina. Perché, all’istituto, tutti sapevano che di «roba» ne girava. E non poca.

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