Cultura e Spettacoli

Studio City, tutti in coda nella fabbrica dei telefilm

Roberta Pasero

da Los Angeles

Benvenuti a Hollywood, la città dove i riflettori non si spengono mai. Dove chiunque può prendere parte ad un kolossal simile ad un reality show che si gira da qui all'eternità. Che scivola lungo Sunset Boulevard, che sorvola le ville delle celebrità e le stelle sulla Walk of fame, che entra ed esce dagli studios del grande cinema, quello indimenticabile della Paramount o della 20th Century Fox. Benvenuti a Los Angeles, la città dove chiunque può travestirsi da starlet: vivere 24 ore su 24 in abito da sera, illudersi di essere il protagonista di una magnifica illusione, soprattutto oggi che la televisione ha rubato la scena al cinema. Si può scegliere: o si sta sul set delle centinaia di sitcom, di fiction, di soap-opera, di tv-movie quasi tutte incentrate sui sentimenti e le passioni amorose, che ogni giorno si girano a Los Angeles (anche se molte storie in realtà sono ambientate a New York), oppure si sta dall'altra parte, tra il pubblico dello show. O di qui sotto i riflettori, sperando che non si spengano troppo presto, o di là, vivendo per qualche ora da coprotagonisti alla realizzazione del proprio show.
E' quello che fanno ogni giorno qui a Los Angeles i telespettatori di molti programmi televisivi: si mettono per ore in fila davanti ai cancelli di Studio City o di Burbank, si sottopongono pazienti alle perquisizioni degli uomini della security, ai controlli dei metal detector e al sequestro di telefonini, macchine fotografiche e registratori (chi vendesse foto scattate di nascosto durante gli show dovrà vedersela con la polizia federale), per assistere alla registrazione dello show di Jay Leno, in onda sulla Nbc (in Italia su Raisat o Cnbc) precedute da un ironico a tu per tu con il conduttore, da foto ricordo e intrattenimento jazz nel tempo occupato dagli spot, o alle puntate di Will & Grace, una delle sitcom più amate dagli americani che da noi va in onda con successo ogni martedì sera sul canale FoxLife ma che ricorderanno anche i telespettatori di Italia 1.
In questi giorni a Studio City, un quartiere di Los Angeles grande come una città, si stanno girando le 24 puntate dell'ottava e ultima serie che racconta la storia di Will, avvocato di successo e di Grace, una decoratrice d'interni, che vivono sotto lo stesso tetto e sarebbero una coppia perfetta se lui non fosse gay e lei sempre in cerca del principe azzurro. La nuova annata di Will & Grace ha debuttato sul network Nbc in un modo davvero insolito: la puntata d'esordio è andata in onda giovedì, infatti, due volte in diretta, recitata come se si trattasse di una commedia teatrale, la prima per i telespettatori della East Coast, quella di New York, la seconda, per motivi di fuso orario, tre ore dopo per la West Coast di Los Angeles e dintorni, recitata sempre live, quasi a soggetto.
Ma anche le registrazioni della sitcom sono un vero e proprio spettacolo, diverso millemiglia da quello delle nostre tivù. Si alza il sipario ed ecco Will, Grace, Karen e Jack, ovvero Eric McCormack, Debra Missing (che ha strappato un contratto da 250mila dollari a puntata), Megan Mullally, Sean Hayes e anche Alec Baldwin, guest star di questa ultima serie, proprio come a teatro, inchinarsi agli applausi del pubblico quasi in delirio, mettersi in posa nel soggiorno della casa di New York dov'è ambientata la commedia, sotto lo sguardo severo del regista James Burrows (quello di Friends) impeccabile in giacca blu e cravatta.
Cominciano le riprese con il pubblico in delirio. Il tempo di girare una scena e quando le telecamere si spengono i sette autori della sitcom si mettono in cerchio con il copione giallo in mano e la matita, cominciano a cambiare le battute, a sostituire quelle che non hanno fatto ridere gli spettatori in platea con altre più esilaranti. Dopo qualche minuto la scena viene prontamente ripetuta e registrata. Ma lo show è anche fuori dal set, quando il segnale acustico indica che la sequenza è terminata.

L'orchestra comincia a suonare musica evergreen, prende il microfono una sorta di teleimbonitore che fa parte della produzione, pronto ad intrattenere il pubblico, a farlo scatenare con balli e canzoni, a lanciare souvenir della sitcom, fino al nuovo ciak, quando si gira un'altra scena e proprio al pubblico spetterà, senza saperlo, il compito di approvare o disapprovare la sceneggiatura, semplicemente con un applauso mancato o una risata.

Commenti