Al varietà più innovativo dei primi anni '60 è stata dedicata la fiction in due puntate trasmesse su Raiuno lunedì e martedì scorsi. C'era una volta Studio Uno racconta la genesi e le imprese del programma ideato da Antonello Falqui, nel periodo (era il 1961) in cui la televisione comincia a entrare nelle case degli italiani e l'appuntamento del sabato sera è davvero qualcosa di irrinunciabile, una sorta di rito collettivo che raduna davanti al piccolo schermo sia i giovani che le famiglie.
La scenografia ridotta all'osso, un corpo di ballo moderno diretto dall'americano Don Lurio, le gemelle Kessler e soprattutto Mina, la diva, il mito, la voce dell'Italia del boom economico ma anche la donna discussa, emancipata, che non ha problemi a mettersi con un uomo sposato affrontando le critiche dei benpensanti. E poi le traversie produttive, l'ostracismo del famigerato funzionario, la pletora di raccomandati, il nepotismo che è stato il segno più evidente del decadimento della grande azienda nostrana dello spettacolo, quella «mamma Rai» che veniva munta senza ritegno, il sogno del posto fisso e dell'affermazione di sé, soprattutto per le ragazze che speravano di diventare, anche loro, stelle del varietà. Uno spaccato, insomma, del «c'era una volta l'Italia» e anche se sono passati oltre 50 anni ancora è vivo il desiderio di aspirare al palcoscenico televisivo nella speranza di diventare famosi, come sosteneva Andy Warhol, almeno per 15 minuti. Eppure la fiction diretta da Riccardo Donna scivola presto in un romanzo d'appendice dove le piccole storie di vita quotidiana la spuntano sulla lettura sociale che, se trattata meglio, sarebbe stata ben più interessante.
Protagoniste della fiction sono tre ragazze che vogliono il successo e sono disposte a tutto pur di conseguirlo: Giulia, orfana e promessa in sposa a un ingegnere dell'Enel, si fa assumere nell'ufficio sondaggi e si innamora di un ricco perdigiorno fino a far saltare il matrimonio; Rita, convinta di avere una gran voce come Mina, sacrifica persino la crescita del figlio per inseguire la sua utopia; Elena, bella, sfacciata, seduce qualsiasi uomo al fine di ballare sul palcoscenico di Studio Uno. Tre tipi diversi eppure simili, non possono non diventare amiche, fallite e frustrate come sono. Storielle, insomma, tra Flashdance e Pretty Woman, al punto che viene da chiedersi se lo spettacolo non sia soltanto un pretesto per inscenare tipologie senza tempo e familiari al pubblico di ieri e di oggi.
Sistemato ad hoc subito dopo il Festival di Sanremo, tanto per insistere sull'effetto nostalgia,
C'era una volta Studio Uno è passato pressoché inosservato, nonostante la buona prova degli attori, in particolare Alessandra Mastronardi (Giulia) ed Edoardo Pesce nel ruolo di un Antonello Falqui visionario e tabagista.
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