La stupita meraviglia di un angelo

In programma un’esibizione che recupera le sonorità rock degli esordi

Simone Mercurio

«L’arcangelo è uno di questi poveri uomini che sbarcano sulle coste degli altri paesi o arrivano con altri mezzi, si integrano male, e comunque vivono sempre una vita sul filo, come degli equilibristi». A parlare è il cantautore genovese Ivano Fossati, che questa sera si proporrà al pubblico romano per la tappa del suo «Arcangelo Tour 2006» (dalle 21 nella Cavea del Parco della Musica all'interno del cartellone di «Luglio Suona Bene»).
«Ho chiamato L'Arcangelo quest’uomo (e nella canzone, addirittura, Gabriele) - continua Fossati - perché ho avuto la sensazione che, lo vogliamo o meno, ci dà l’annuncio che i tempi non sono più gli stessi. Non lo sappiamo se saranno migliori o peggiori, però saranno qualcosa al quale non eravamo abituati, specialmente nel nostro paese, è accaduto. Loro sono un accadimento: è come se il calendario in qualche modo avesse voltato pagina».
Il cantautore genovese presenterà al pubblico della Cavea le canzoni tratte dal suo ultimo lavoro L'Arcangelo, appunto. Con questo album Ivano Fossati ha certamente impresso alle sue canzoni una svolta, nella direzione di un riavvicinamento a sonorità ruvide ed elettriche.
Ascoltando il disco viene da esclamare, quasi con sorpresa meraviglia, che ancora oggi c’è chi riesce a scrivere in musica cose tanto belle - sia come strutture di note che come vere e proprie liriche. Una stupita meraviglia che lascia come storditi negli odierni momenti musicali che stiamo vivendo, così avari di emozioni belle in musica. Testi bellissimi, evocativi o concreti, romantici o malinconici, battaglieri o ironici per un autore mai banale.
La poesia è il vero tratto distintivo della scrittura di Fossati. Capace di parlare di qualsiasi argomento con il tocco leggero, l’arguzia, l’ironia, la metafora pungente al posto degli slogan di grana grossa.
Ivano Fossati ha scritto canzoni per molti grandi nomi della canzone italiana come Mina, Patty Pravo, Fiorella Mannoia, Gianni Morandi, Ornella Vanoni, Anna Oxa, Mia Martini, Loredana Bertè, Adriano Celentano e moltissimi altri.
Ha tradotto canzoni di Chico Buarque de Hollanda, Silvio Rodriguez, Djavan, Supertramp. Oggi l'artista genovese che negli anni Settanta capitanava i Delirium di Jesahel e il cui primo successo (oggi quasi ripudiato) fu la popolarissima La mia banda suona il rock, è uno dei più lucidi e forbiti musicisti-intellettuali del nostro tempo. In questo Fossati vanta un «pedigree» impeccabile: il suo linguaggio, le sue riflessioni ad alta integrità morale e civile, ne fanno una sorta di coscienza critica che va al di là della musica. Merito anche di un linguaggio scabro ed essenziale, figlio della sua terra ligure. A differenza dell’ultimo tour acustico, Fossati metterà da parte molto del suo repertorio più intimistico per dare spazio a quello più marcatamente ritmico e per molti aspetti più vicino al rock degli esordi. Nel programma di questi concerti fra le altre canzoni Mio fratello che guardi il mondo, Il disertore, Pane e Coraggio, fino alla nuova Cara democrazia.


Sul palco stasera ci saranno, oltre allo stesso Ivano Fossati a voce, pianoforte, chitarra elettrica e armonica, Pietro Cantarelli alle tastiere, il figlio dello stesso Fossati, Claudio, alla batteria, Daniele Mencarelli al basso, Riccardo Galardini e Fabrizio Barale alle chitarre, Marco Fadda alle percussioni e Mirko Guerrini ai fiati.

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