Roma

«È uno stupratore seriale, stia 15 anni in cella»

«È uno stupratore seriale, stia 15 anni in cella»

L’esame del dna che lo ha inchiodato ha solo completato un quadro già chiaro, definito dal riconoscimento delle vittime in aula, dalle impronte digitali trovate su un frammento di scotch usato per tappare la bocca ad una di loro, dalle fascette utilizzate per legarle trovate nella su abitazione. Nessun dubbio, dunque, per il pm Antonella Naspola: Luca Bianchini è lo stupratore seriale che tra l’aprile e il luglio dello scorso anno aggredì tre donne nei box condominiali all’Ardeatino e alla Bufalotta e per questo deve essere condannato a 15 anni di carcere, senza la concessione delle attenuanti generiche.
Prove schiaccianti contro questo ragioniere di 34 anni, ex segretario di un circolo del Pd, che mai finora ha ammesso alcuna responsabilità. Anzi, ha gridato al complotto contro di lui. «È un ragazzo ossessionato dal sesso - sostiene il magistrato - sognava di fare l’amore con donne più grandi di lui, ma al di là di questa ossessione era pienamente capace di intendere e di volere, dunque è imputabile, tanto è vero che ha un lavoro, una fidanzata e rapporti sociali». Nel 1996 fu prosciolto da un’accusa di violenza sessuale ai danni di una sua vicina di casa. Allora fu giudicato incapace di intendere e di volere al momento del fatto. «Ma quella sentenza appartiene al passato», osserva il pm. In questo processo non c’è nulla ad indicarlo come soggetto patologico. È soltanto una persona «con un desiderio disturbato, come tutti gli stupratori». «Era un feticista di biancheria intima, amante della pornografia, esercitava violenza sulle vittime il cui spavento lo eccitava», sottolinea l’accusa. Nel motivare la sua richiesta il pm Nespola parla di «una escalation di violenza» («si è passati dal tentato stupro alla prima donna, alla minaccia fatta alla vittima, presa a schiaffi e costretta a cedere con un coltello alla gola») e del «pericolo di reiterazione di fatti identici, anche perché nel tempo il movente sessuale non si è attenuato». Contro Bianchini ci sono le testimonianze delle vittime, che in aula hanno riconosciuto il suo aspetto fisico nonostante durante gli stupri si coprisse il volto con un Mephisto nero, ma c’è anche una prova scientifica inconfutabile, quella del dna, ripetuta due volte: il profilo genetico del responsabile delle tre aggressione era quello dell’imputato.
Per le vittime parla l’avvocato Teresa Manente: «È stata violata la loro integrità, la loro libertà, la loro dignità umana». Anche il legale non ha dubbi sulla responsabilità di Bianchini: «Una delle ragazze aggredite ha detto che è come se questa persona l’avesse uccisa dentro, l’altra ha detto di aver vissuto la violenza come una devastazione».

Nicola Sabato è l’avvocato del Comune: «È pacifico che ci troviamo di fronte ad un unico uomo che ha commesso i tre fatti».

Commenti