da Cagliari
Se la violenza sessuale è tra le mura domestiche, può essere considerata «lieve». Con questa formula la Corte d'appello di Cagliari ha ridotto la pena comminata a un tecnico specializzato che nel 2003 era stato condannato a quattro anni e otto mesi di reclusione.
Ma il 2 maggio scorso con la sentenza di secondo grado i giudici d'appello hanno considerato «di lieve entità» le violenze perpetrate da D. B., 46 anni di Sant'Anna Arresi (Sulcis Iglesiente), sulla moglie, riconoscendo l'ipotesi meno grave del reato di molestie sessuali, quella prevista dal VI comma dell'art. 609 bis del codice penale.
Dopo circa diciottanni di fidanzamento e matrimonio, D. B. avrebbe iniziato a pretendere dalla donna quell'intimità che lei non riusciva più a vivere. Iniziò a maltrattarla fino a costringerla ad avere con lui rapporti sessuali. Stando alle testimonianze della vittima, che non si è costituita in giudizio, le angherie sarebbero durate diversi anni. Fino a quando, nel gennaio 2001, non ha trovato il coraggio e ha inviato in contemporanea due lettere: una al suo avvocato per avviare la separazione, l'altra alle forze dell'ordine per denunciare il marito «stupratore». Nel 2003 luomo venne processato per violenza sessuale, maltrattamenti e lesioni e quindi condannato a quattro anni anni e 8 mesi di reclusione.
La settimana scorsa, però, è arrivata la sentenza della Corte d'appello che, accogliendo la richiesta dell'avvocato Pierluigi Pau, ha ridotto la pena a due anni di reclusione, riconoscendo la lieve entità del fatto.
Morale: se il «cattivo» è un marito o un fidanzato la violenza fa meno male. Miracoli della «giustizia».
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