Roma - Tra i tanti assenti del centrodestra che ieri hanno trasformato l’aula di Montecitorio in un caos, con la maggioranza che andava sotto ogni due per tre pure sui giardini pubblici, non si può annoverare Marco Milanese.
L’ex braccio destro del ministro Tremonti è da qualche settimana il parlamentare più presente del Pdl, impegnato in una continua spola tra i banchi per perorare la propria causa con ogni deputato. E c’è da capirlo, visto che domani, nel segreto dell’urna, un pugno di voti di qua o di là potrebbero fargli passare la notte a casa oppure nell’inferno di Poggioreale. E la partita è una roulette russa, perché il voto su Milanese rischia di diventare il collo d’imbuto in cui si scaricano tutte le tensioni di una fase politica difficilissima. Spiega il casiniano Roberto Rao: «Molti, anche nel Pdl, si stanno facendo due conti: hanno capito che se si apre una crisi ora può nascere un nuovo governo che prolungherà la legislatura, se invece le cose si trascinano e il governo cade nel prossimo inverno, si va dritti ad elezioni». È il ragionamento, dicono nel Pdl, che stanno facendo ai parlamentari amici personaggi come Beppe Pisanu e Claudio Scajola.
E che si stia arrivando a uno snodo cruciale lo si capisce anche dalle mosse dell’opposizione. Intanto, dopo aver auspicato il voto palese su Milanese, ieri il Pd ha cambiato posizione e ha appoggiato la raccolta di firme avviata dai dipietristi per ottenere lo scrutinio segreto. E ieri mattina il segretario Pier Luigi Bersani ha aggiustato la linea, che dopo l’incontro di Vasto con Di Pietro e Vendola era apparsa molto spostata sull’accelerazione verso elezioni anticipate, e ha dettato una dichiarazione di apertura a un eventuale governo di «larghe intese»: «Il Pd è disponibile a dare una mano a una fase di discontinuità e transizione che possa affrontare l’emergenza con credibilità».
Un segnale, spiegano dal suo partito i ben informati, diretto anche al Colle più alto, dove non erano state apprezzate le incertezze e gli eccessi di «aventinismo» che il Pd ha mostrato sia nel dibattito sulla manovra che dopo. Bersani ieri ha fatto capire che, se si aprisse una crisi, il suo partito non chiederà elezioni subito, ma sarà disponibile «ad assumersi le sue responsabilità», anche appoggiando un eventuale governo di emergenza. «Ma se anche passasse l’arresto per Milanese, e io ne dubito perché si sta trasformando in un referendum su Berlusconi e il Pdl si ricompatterà - ragiona il responsabile giustizia Pd, Andrea Orlando - la crisi è tutt’altro che scontata, e il premier andrà avanti lo stesso». Una previsione confermata dalla decisione di Berlusconi di convocare un vertice di maggioranza per mettere a punto provvedimenti su crescita e sviluppo subito dopo il voto su Milanese. Comunque esso vada.
La Lega sarà uno degli snodi chiave su Milanese. Maroni (ieri ricevuto al Colle) con i suoi si è pronunciato a favore dell’arresto di Milanese, come sul caso Papa, e nel gruppo molti (più di una ventina, si calcola) sono pronti a seguirlo: «E se l’arresto passa, tanto vale che ce ne attribuiamo il merito», è stato il ragionamento del ministro dell’Interno, convinto che la base leghista non capirebbe un salvataggio.
Ma Bossi ha garantito a Tremonti e a Berlusconi che il deputato verrà salvato, e il governo pure. Se oggi la Lega si affiderà alla «libertà di coscienza» per non spaccarsi, la roulette russa diventerà ancora più incerta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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