La vera ragione delle ultime, controverse iniziative francesi, dalla fuga in avanti nel conflitto libico al giallo su una possibile sospensione degli accordi di Schengen e ai contrasti con lItalia, è da ricercarsi principalmente in un inatteso sviluppo della politica interna: a furia di chiedere a gran voce luscita dallEuro e il ripristino delle frontiere allinterno della UE Marine Le Pen, la nuova leader del Fronte Nazionale, è riuscita a superare Nicolas Sarkozy nei sondaggi per le elezioni presidenziali del 2012 e minaccia addirittura di eliminarlo al primo turno, come riuscì a suo padre con il candidato socialista Jospin nove anni fa. Se vuole recuperare in tempo Sarko, il cui indice di popolarità è sceso a un abissale 22%, è perciò costretto a rincorrere lestrema destra sul suo terreno, rafforzando i provvedimenti contro limmigrazione clandestina, facendo il difficile quando si tratta di soccorrere i Paesi più deboli dellEurozona e cercando di ripristinare quella «grandeur» che continua a piacere alla parte più conservatrice dellelettorato. Di qui, la necessità di fare la faccia feroce di fronte alla invasione dei tunisini, di compiere qualche gesto clamoroso come il temporaneo arresto dei treni transfrontalieri e di far credere ai francesi che gli accordi di Schengen possano essere modificati; salvo, poi, a fare marcia indietro e a limitarsi a chiedere la loro possibile sospensione, senza sostanziali novità rispetto a quanto è già consentito ed è stato fatto a più riprese da quasi tutti i grandi Paesi, in occasione del G8 di Genova, dei campionati del mondo in Germania e dellondata di attentati islamici in Spagna e in Gran Bretagna. Ma questo «mostrare i muscoli» ha sortito finora soprattutto leffetto di infuriare le opposizioni: i socialisti hanno bollato la posizione di Sarkozy come di «corte vedute» e i nazionalisti di «gesticolazione mediatica».
La situazione Oltralpe è, sotto molti aspetti, paradossale. Nonostante un deficit del 7,7% (che dovrà essere riportato, non senza sacrifici sotto il 3% canonico entro il 2013) e una disoccupazione vicina al 10 per cento, le cose non vanno troppo male. La riforma che ha portato letà pensionabile da 60 a 62 anni è stata digerita, nel solo 2010 sono nate 622.000 nuove imprese e, unico Paese in Europa, il tasso di natalità ha superato il fatidico 2% che evita la graduale diminuzione della popolazione autoctona. I consumi sono in aumento, una certa crescita cè e la sanità (per quanto molto costosa) continua a essere la migliore dEuropa. Ciò nonostante, i francesi sono profondamente disgustati della loro classe politica e talmente rassegnati a un lento declino, che solo 15 cittadini su cento pensano che lavvenire sarà migliore del presente. È diffusa una specie di morosità che sembra quasi impossibile da contenere. Il libro più venduto del 2011 è un pamphlet scritto da un novantenne, intitolato: Indignatevi!
La Francia avrebbe bisogno di una serie di riforme simili a quelle invocate anche da noi: fine della divisione tra ipergarantiti e precari, lotta ai privilegi corporativi, riduzione della spesa pubblica. Ma, poiché si tratta di provvedimenti che cozzano contro forti interessi costituiti, Sarkozy è riluttante a vararli in un anno preelettorale, per timore di perdere altri voti; così, invece di rivolgere la sua attenzione ai problemi interni come aveva promesso, ha adottato un attivismo sfrenato e forse un po eccessivo per le reali possibilità del Paese in politica estera. Ecco dunque la Francia prendere la testa nella guerra a Gheddafi, con Sarkozy pronto a recarsi addirittura a Bengasi per dare appoggio ai ribelli, intervenire militarmente nel conflitto tribale in Costa dAvorio e in genere riprendere un attivismo africano che non si vedeva più dai tempi DeGaulle.
Se basterà a rilanciare le sue azioni, è tutto da vedere. Gli elettori non gli rinfacciano solo gli errori politici, con i frequenti zig-zag da destra a sinistra e da sinistra a destra, ma anche il suo stile di vita troppo diverso da quello della conservatrice società francese.
Su Schengen il finto pugno di ferro di Sarkò
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