Proprio lei onorevole Mastella, il profeta del meridionalismo per il terzo millennio, colui al quale spetta di diritto il copyright del leghismo sudista, sta zitto mentre divampa il dibattito sul Partito del Sud?
«Mi sono tenuto deliberatamente fuori, innanzi tutto per non dare l’impressione che, appena arrivato, chissà quali lezioni avessi da impartire. E con molta umiltà, sono stato zitto... Anche se vedo e ascolto cose incredibili».
Coraggio allora, parli.
«Certo, sentire parlare di partito del Sud, per uno come me che ha invocato attenzione per il Sud in momenti duri e difficili... Il Piano Marshall? Questa formula l’ho inventata io: e quando proposi di passare dalla Cassa per il Mezzogiorno ad una sorta di Piano Marshall, fui riempito di improperi. Eravamo ad una festa di Telese, ricorda? C’era pure lei».
Ricordo, ricordo. Adesso dunque, dovrebbe essere soddisfatto. O no?
«La cosa singolare che ora scopro, è che la questione meridionale è diventata una bega siciliana. Siamo seri, la questione meridionale è un tema molto più elevato e complesso, è un fatto di natura culturale e sociale ancor prima che politica, e non può essere legato soltanto ad un po’ di soldi in più che possono arrivare».
Niente partito del Sud, allora?
«A parte che un partito del Sud avrebbe bisogno di mezzi e di strutture che non ci sono. Ma la questione meridionale dev’essere assunta da un movimento che va al di là delle forze politiche, non puoi giocarla a livello di un partito. Deve basarsi su una sensibilità che si spera comune, una specie di unità per il Mezzogiorno. Io ho sempre pensato ad un patto per il Sud fra tutti i rappresentanti comunque eletti, in ogni schieramento».
Il caso è chiuso, secondo lei?
«No, anzi. Il dato è che abbiamo un Pd a rischio di scissione, e un Pdl che oggettivamente è condizionato dalla Lega. Ciò spinge a fare partitini personali, o nella migliore delle ipotesi partiti regionali»
Che cento fiori fioriscano, in barba al bipartitismo?
«La questione dei partiti regionali resta aperta, li impone la legge fisica. Poiché si è tentato di ammazzare i piccoli partiti, inevitabilmente sorgeranno i partiti regionali. Un po’ sul modello spagnolo: credo che avremo due grandi partiti, e intorno una serie di partiti regionali. Ci sarà maggiore frammentazione, nonostante la si volesse impedire con la legge elettorale».
Quale altra lezione, dalla vicenda siciliana?
«Quella più importante, impone di riconoscere che è finita l’epoca delle Regioni a statuto speciale. Basta, non ha senso che la Sicilia abbia uno statuto speciale e la Campania normale, che il Veneto abbia meno poteri del Friuli».
E le ragioni storiche?
«Si sono esaurite. Siamo in Europa, e i confini non ci sono più: le peculiarità delle regioni di confine da tutelare, non hanno più alcun senso. E anche la Sardegna è una regione normale, o speciale, come la Liguria».
Vede un futuro, per Raffaele Lombardo?
«Non lo so, fa il governatore... ed ognuno si costruisce il futuro con le sue mani. Non riesco a fare l’almanacco per me, immagini se tento di farlo per gli altri».
Quale errore hanno fatto questi nuovi campioni del meridionalismo?
«Quello di invocare una grande idea e ridurla concependola soltanto in chiave economicista. Però va riconosciuto il merito di aver riportato attenzione sulla vicenda del Mezzogiorno, una questione che sembrava completamente rimossa. In realtà rischia ugualmente di essere rimossa, se arrivano quei quattro miliardi e qualche altra cosa, e tutto finisce là. Spero che non sia così...».
A proposito di Sud, ha visto quel che sta grandinando in Puglia? Il Pd è in piena questione morale.
«La questione morale in realtà c’è sempre stata e ci sarà sempre. Tocca tutto e tutti, come il sistema di collegamento con ambienti un po’ strani. Chi gestisce il potere rischia sempre di essere contaminato. A me però, sembra singolare come in queste ultime vicende, soltanto il mio partito sia stato individuato da una procura come associazione a delinquere. Solo con me lo hanno fatto, e nessuno si scandalizzò. Ma questa è una delle tante cose singolari che avvengono nel nostro Paese».
Altre?
«A me il tutto arrivò all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno. Qui invece è arrivato con grande calma, con regolari avvisi di garanzia e senza grandi clamori. E soprattutto, dopo le elezioni».
Un altro esempio meno personale?
«Pensi a quel mio collega nell’Europarlamento che prima di essere eletto aveva promesso
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