Sui clandestini Obama assomiglia a Maroni

L’altro Obama comincia al confine col Messico. Lui e l’immigrazione clandestina divisa per punti: uno, due, tre, quattro. Quello che gli altri non vogliono dire e che invece il presidente dice: l’America accoglie, ma non può farlo con tutti, l’America abbraccia, ma punisce gli illegali. Adesso con la riforma della sanità: «Ci sono alcuni che sostengono che vogliamo garantire la copertura sanitaria agli immigrati irregolari. È falso. Le riforme non saranno applicate a coloro che si trovano nel nostro Paese illegalmente». È su questo punto che l’altro giorno il presidente s’è sentito dare del bugiardo al Congresso. È su questo punto che l’Europa liberal spera di aver capito male. È su questo punto che, invece, nelle ultime ore la Casa Bianca ha chiarito ancora: i clandestini non potranno avere sussidi federali per la sanità, gli irregolari saranno fuori dalla riforma, fuori dal sistema sanitario nazionale. Fuori. Perché non sono americani. Avranno le cure di pronto soccorso, avranno le emergenze, non un medico, né un ricovero per i pazienti non urgenti.
Non si legge perché c’è qualcuno che non vuole crederci. Obama non può. Invece lo fa, esattamente come bombarda il Pakistan e in Italia solo il Foglio tiene il conto delle azioni militari della nuova amministrazione (siamo a 38). L’America di Barack sull’immigrazione assomiglia a quella di Bush e pure alla Lega. Obama fa Maroni senza saperlo. Perché non c’è solo la sanità. C’è il resto. C’è che ha già stanziato 400 milioni di dollari per aumentare la vigilanza lungo le frontiere degli Stati Uniti: uomini, mezzi, tecnologia. Significa più controlli, più agenti, più telecamere: c’è il muro che divide il Messico dagli Stati Uniti, lì dove le guardie dell’immigrazione puntano i fari sui messicani che scavano i tunnel verso la libertà, ecco lì Obama stringerà le maglie, perché l’immigrazione clandestina è un guaio per gli Usa. Allora che tu sia repubblicano o democratico non cambia. Obama parlava di immigrazione in campagna elettorale e poi ne ha parlato dopo: «So che è un tema delicato, so che è un tema che scuote le coscienze». Barack non accetta chi è illegale, non può. Ha promesso di toccare l’immigrazione nel 2010. Una riforma che qui prenderebbero come illiberale, antidemocratica, sbagliata. Obama vuole fare una grande sanatoria per molti dei dodici milioni di clandestini che adesso vivono in America: chi lavora sarà messo a posto, avrà il permesso, avrà il suo foglio per il futuro. «Voglio che escano dall’ombra», dice il presidente. Un punto per poi ricominciare. Un po’ come è successo qui per colf e badanti. Si regolarizzeranno e vivranno in pace, a patto che sappiano l’inglese. Gli altri no, perché l’idea obamiana prevede più controlli, più rigore, più severità: punirà gli americani che faranno lavorare in nero un clandestino. È più o meno quello che ha fatto l’Italia quando ha deciso di punire chi dà la propria casa in affitto a un irregolare.
Poi l’accordo col Messico. Obama e il presidente messicano Calderon si sono già visti qualche mese fa. Stanno trattando, stanno prendendo accordi. La Casa Bianca sa che il suo problema è lungo il confine di Texas e Arizona, dove in un mese passano 140mila persone, 140mila irregolari, clandestini, sconosciuti. Il buco nero di un Paese che non ce la può fare così. Allora Obama aiuterà il Messico a controllare meglio dall’interno i suoi emigranti. Troveranno un modo di chiamare questo aiuto. Tireranno fuori la storia dei cartelli della droga che gestiscono anche il traffico di uomini e sarà un modo per addolcire la verità: pago il Messico per non farmi inondare di clandestini. È il realismo oltre la realtà. Un modo per risolvere un problema complicato, il più complicato. L’America apre per chiudere. Ha tutto in mano Janet Napolitano, alla fine. È l’ex governatrice dell’Arizona, italoamericana, democratica, capo della sicurezza interna, cioè dell’antiterrorismo.

Però si occupa di immigrazione da sempre e da sempre flirta anche con i repubblicani teorizzando che l’America deve combattere i clandestini. Il muro che separa gli Stati Uniti dal Messico non le piace, però non ha mai trovato niente di meglio. Quel muro costruito anche col voto di Obama.

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