Affermazioni non gradite dalla Commissione europea che ha immediatamente replicato con una nota diramata da Katharina von Schnurbein, portavoce del commissario agli Affari sociali Vladimir Spidla. Mentre la Commissione ha ben presente il problema, è scritto nella nota, l’Italia insieme ad altri Paesi invece è inadempiente rispetto ad una serie di direttive diramate dalla Ue ed infatti è finita sotto procedura d’infrazione.
«A livello europeo esiste una direttiva contro la discriminazione delle minoranze etniche, tra cui ovviamente un posto importante è dato a Sinti e Rom», è scritto nella nota della Commissione che precisa come nello scorso 27 giugno sia stato pubblicato «un elenco di 14 Stati membri che non hanno pienamente ottemperato alla direttiva». Tra questi appunto l’Italia.
In soccorso di Prodi arriva la controreplica del ministro dell’Interno, Giuliano Amato, che però finisce per suonare come una ammissione di «colpa», seppure parziale. «La direttiva comunitaria numero 43 del 2000 contro le discriminazioni etniche e razziali, promossa dalla Presidenza Prodi è stata attuata dall’Italia con decreto legislativo n. 215 del 9 luglio 2003», ricorda il Viminale che poi però ammette che «tale decreto del 2003 è stato ritenuto non soddisfacente rispetto a tre aspetti specifici della direttiva e per questo è stato oggetto dei rilievi sollevati in sede Ue». Aspetti, si tiene a precisare dal Viminale, «che vanno corretti e che, tuttavia, non riguardano la specifica questione dei Rom». Amato ricorda pure che ai rom «l’Italia non ha riconosciuto i diritti delle minoranze, che la nostra legge conferisce alle sole minoranze linguistico-territoriali». A questo, assicura il titolare del Viminale, si sta lavorando.
I rilievi, spiegano dalla Commissione europea, riguardano tre aspetti considerati carenti nel nostro Paese. La mancanza del cosiddetto «onere della prova». Ovvero non solo la persona discriminata deve dimostrare di aver subito una discriminazione, ma anche la persona discriminante è tenuta a provare di non aver operato discriminazioni. Poi una «limitata protezione contro le ritorsioni» e una «non corretta definizione del maltrattamento per motivi razziali». Infine la necessità di «integrare minoranze etniche come i rom nel mercato del lavoro».
Sempre su questo fronte poi si consuma un’altra polemica tra gli enti locali e il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero. Accusati di inerzia da parte del ministro i sindaci si erano ribellati, accusando a loro volta il governo di averli lasciati soli.
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