Sul lastrico per una diagnosi sbagliata

Sul lastrico per una diagnosi sbagliata

Due notizie, entrambe clamorose, arrivano dal Regno Unito. Numero uno: la malasanità non è soltanto una griffe esclusiva del Made in Italy. Numero due: non sempre i danni della malasanità sono letali, qualche volta allungano la vita. A testimoniarlo sul tabloid People è John Brandrick, sessantaduenne impiegato comunale di Newquay, Cornovaglia. Neppure lui riesce a definire bene il genere di storia che gli è toccata: ancora adesso, ripensandoci, non sa se abbracciare tutti quanti per la gioia o se strangolare qualcuno con le sue stesse mani.

Fino al febbraio 2005, costui è un tranquillo signore della middle-class inglese: ha il suo bel divorzio alle spalle, due figli già grandi, e una nuova compagna, la dolce Sally. Ma in quell'inverno di due anni fa la vita improvvisamente gli si mette di traverso: nel giro di pochi giorni, forti dolori addominali e uno strano colorito giallo lo portano in ospedale, il «Royal Cornwall» di Treliske. Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così, che hanno i medici quando emettono la condanna a morte, viene dipinto un quadro molto edificante: massa tumorale di sette centimetri al pancreas, cancro incurabile, aspettative di vita non più di sei mesi. «Sentirti dire che stai per morire è una cosa terribile - racconta il condannato -: l'unica cosa che mi viene in mente di fare è vivere al meglio il poco tempo rimasto».

Chi può dargli torto: ciascuno, in cuor suo, pensa che eventualmente - molto eventualmente - agirebbe nello stesso modo. Al diavolo tutto quanto, bisogna vivere alla grande. Mister John ingrana la quarta, una marcia che in vita sua non ha mai ingranato, e aggredisce gli ultimi chilometri di corsa. Prima mossa: lascia il lavoro da 20mila euro l'anno. Seconda: vende la macchina. Terza: regala a un ente di carità gli abiti pesanti, convinto che il prossimo inverno non lo riguardi più.

Finalmente libero, parte con l'amata Sally per un lungo giro turistico in Cornovaglia. Va anche a trovare i figli Andrew, 18 anni, e Kerry, 34, che stanno nelle Midlands. Ovviamente non bada più a spese, anche perché questo status da morto vivente gli concede 16mila euro della vecchia polizza sulla vita. Frequenta ristoranti mai frequentati, chiede vini che non ha mai bevuto. «Paghiamo anche 120 euro al colpo - ricorda -: una cosa che, normalmente, io e Sally non ci siamo mai permessi. Mi sento come se fossi in lite con la morte e mi voglio vendicare». Si tiene soltanto lo stretto necessario: il vestito per il funerale. Un elegante abito nero, camicia bianca e cravatta rossa. Il vestito delle giornate indimenticabili.

Il tempo corre già quando ci sembra di avere davanti cent'anni, figurarsi quand'è un conto alla rovescia di sei mesi. La grande ricreazione, inesorabilmente, volge al termine. Ma quando la campanella suona, John pervicacemente ancora vive. Un giorno in più, una settimana in più, un mese in più. Qualcosa non quadra: torna dai medici. Con quella faccia un po' così, con l'espressione un po' così, che hanno i medici quando non sanno bene cosa dire, gli comunicano quanto segue: il cancro è scomparso. Meglio: mai esistito. La massa brutta rilevata all'origine era solo pancreatite, un'infiammazione del fegato. Sarebbe bastata una seconda biopsia qualche tempo dopo, ma nessuno s'è mai curato di farla. Adesso può bastare un sorry?

Non è facile immedesimarsi nel vecchio John. Improvvisamente, vede riaprirsi il futuro che gli avevano chiuso a tripla mandata, buttando via la chiave. Sono emozioni. «Il sollievo del momento - spiega però ancora stordito - lascia ben presto il posto a un'altra sensazione: sono completamente rovinato». Fare causa? È un'idea. Ma come sempre l'ospedale ha già pronta la linea di difesa: «Un'indagine clinica non ha confermato che all'epoca fosse possibile una diagnosi diversa».

Converrà fare come da noi, esperti del ramo: ringraziare il Cielo di averla scampata e chiuderla lì. In Inghilterra, almeno, la malasanità allunga la vita: da noi è un killer infallibile.

John ricorderà come un'altra vita quei sei mesi un po' da incubo e un po' da sogno. Poi, dovrà rassegnarsi a ricominciare da capo. In casi così estremi si dice che è come nascere una seconda volta: quando si nasce, non si ha addosso nemmeno una camicia.

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