RomaIl calendario è eloquente. La norma sulla responsabilità civile dei magistrati votata giovedì dalla Camera arriverà infatti in Senato non prima di 15 giorni visto che la prossima settimana Palazzo Madama è impegnato prima sul mille proroghe e poi sulle liberalizzazioni. Il che significa che se ne riparlerà dopo ludienza della Corte Costituzione che il 7 febbraio si riunisce per decidere sul conflitto dattribuzione sollevato sul caso Ruby dalla Camera contro la procura di Milano e soprattutto dopo leventuale prescrizione del processo Mills che secondo i calcoli più attendibili dovrebbe scattare tra il 12 e il 13 febbraio (mentre per il 18 febbraio è attesa la decisione sullistanza di ricusazione del collegio giudicante). Una partita al fotofinish, dunque, perché sarebbe davvero difficile immaginare che il clima che si respirerà quando il Senato sarà chiamato a votare (ed eventualmente modificare) la norma sulla responsabilità dei giudici possa non influire sullatteggiamento del Pdl.
Al momento, però, la linea di via dellUmiltà è netta. Ed è stata oggetto anche di un lungo faccia a faccia a Palazzo Grazioli tra Berlusconi, Alfano e Letta: «Il testo non si cambia». Circostanza confermata da Cicchitto e Gasparri, capigruppo di Camera e Senato. Una posizione si è convenuto nellincontro a via del Plebiscito che non è affatto «antigovernativa» ma che «tiene conto di un orientamento trasversale del Parlamento condiviso anche da buona parte degli italiani». Già, perché nel day after del voto di Montecitorio il Pdl - proprio per bocca di Cicchitto - insiste nel ribadire che «le polemiche di Bersani e Franceschini sono sterili» visto che i numeri certificano che molti voti a favore sono arrivati proprio dal Pd. Considerazione che nonostante la matematica sia implacabile visto che sono quasi 60 i voti che mancano allappello Bersani continua a non condividere. Giovedì laveva derubricata con i cronisti come «una cazzata», mentre ieri incontrando Napolitano al Quirinale si è limitato ad accusare il Pdl di «comportamento sleale».
Insomma, decisamente due approcci diversi quelli di Pdl e Pd. Con il primo che per molti versi non nasconde una certa soddisfazione verso una norma che in molti nel centrodestra considerano «sacrosanta» e il secondo lacerato al suo interno (perché non cè dubbio che un buon numero di deputati non abbia seguito lordine di scuderia e perché Di Pietro sta battendo sul punto con una certa veemenza). Ma in Parlamento gli approcci diversi sono trasversali anche in un altro senso. E pur se dietro un rigoroso off the record ci sono deputati di uno schieramento e dellaltro che leggono il voto di giovedì come il risultato della legge del contrappasso rispetto a Tangentopoli. Ed altri di nuovo da una parte e dallaltra che temono «ritorsioni» da parte della magistratura. La sintesi, però, la fa forse un ex ministro del governo Berlusconi. «In questa legislatura spiega le procure hanno chiesto la custodia cautelare in ben quattro occasioni: Tedesco, Papa, Milanese e Cosentino. E Papa è finito in carcere per tre mesi per poi tornare alla Camera. Un record che neanche ai tempi di Mani pulite». Come a dire che ci può stare che in Parlamento un certo scetticismo verso la magistratura ci sia.
La palla adesso passerà al Senato. Con il ministro della Giustizia Severino che è già al lavoro su un emendamento correttivo. A Palazzo Madama, infatti, i numeri lasciano pochissimi spazi di manovra visto che Pdl, Lega e Coesione nazionale contano 165 senatori, cioè la maggioranza assoluta. Per qualsiasi modifica, dunque, è necessaria unintesa trasversale.
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