La nuvola nera del vulcano islandese è arrivata su Facebook. Qualcuno ha deciso di festeggiare la morte di Raimondo Vianello, di ricoprire il defunto con pernacchie e pensieri idioti. Dopo aver inventato «il gioco del tiro al bersaglio con i bambini down», dopo aver formato il gruppo di «Stefano Cucchi era un fottuto drogato» ecco l’ultima idea virtuale, si fa per dire, con tanto di amministratore-clandestino, di fondatore-carbonaro, ma con un bel corteuzzo di iscritti, oltre cento, giovani ma non credo forti, pronti al richiamo della foresta, del buio on line, presenti con identità fotografica, di faccia, di profilo, come nelle schedature della polizia, e pure con identità anagrafica, nome e cognome, senza indirizzo civico o domicilio fiscale, però «duri e decisi» a festeggiare, secondo dicitura testuale, «la morte del berlusconiano Raimondo Vianello». «Dopo Mike, Mosca, Santi Licheri, il Cavaliere perde un altro voto. Cari compagni, se la maledizione di Stalin continua ad avere effetto, presto sarà rivoluzione! Vivamente sperando che il prossimo sia Fede».
Oltre all’istantanea di famiglia, con Sandra Mondaini abbracciata al marito sul cui volto è stampato il simbolo falce e martello, è allegata pure una fotografia. Ovviamente non poteva essere riservata se non a Silvio Berlusconi che così si rivolge all’attore scomparso: «Raimondo ci aiuterà anche da lassù a suonarvele sode! Siete sempre una razza inferiore! Mi consenta!».
Segnalo, per i contemporanei, che l’idea non è poi tanto originale. Ai tempi de Il Male, un settimanale satirico politico degli anni Settanta-Ottanta, Vianello venne individuato come membro della direzione delle Bierre, in prima pagina il titolo cubitale urlava «Arrestato Ugo Tognazzi è il capo delle Brigate Rosse», con fotografia e manette dell’attore sconvolto, mentre in un colonnino di spalla, il «compagno Vianello» commentava: «È pazzo ma lo perdòno». Altri tempi, altra eleganza satirica, altro modo di divertirsi. Oggi va il trash, oggi l’importante è esagerare, tracimare. Si dice, in casi analoghi, che meglio sarebbe evitare il commento, trascurare l’episodio, ignorare l’idiota che altrimenti si riempirebbe di gloria, vivrebbe momenti di boria. In verità è proprio in questi casi che meglio sarebbe, e meglio è, dunque, andare alla radice, individuare, conoscere, riconoscere, smascherare il creativo e i suoi fedeli servitori perché, non si sa mai, potrebbe essere anche il nostro, il vostro vicino di casa, quello che guida lo scuolabus, oppure il capoufficio onesto e puro, il sindacalista combattivo e generoso, l’opinionista integerrimo, insomma uno di noi, uno qualunque che qui non è affatto qualunque, anzi.
Vianello è il bersaglio di oggi, si punta sull’emozione popolare, così pensa e agisce il troll, il provocatore, l’agitatore e molti ci cascano battendo la stessa moneta, l’insulto, la minaccia, la vigliaccata. Una volta il tipetto sceglieva la lettera anonima, lo schizzo volgare a macchiare un muro. Adesso viaggia on line, ha un computer che lo aiuta a venir via dalla solitudine, fisica e mentale. Dicesi Facebook, viene spiegata come piattaforma sociale, serve a comunicare, a interagire, proprio in un momento storico in cui la comunicazione è virtuale, sincopata, maleducata, illetterata, sgrammaticata. Qui trovi gli amici che, altrimenti, non avresti mai, qui esigono i tuoi pensieri e le tue parole ma sintetiche, frettolose, telegrammi di sillabe e vocali. Lo sberleffo al morto da tutti compianto, l’insulto al bambino down, appartengono agli hooligans con il pc al posto dei coltelli, trattasi di discariche psicologiche naturali, spontanee, anziché mingere o defecare scrivono, anziché riflettere sporcano il cervello. Ormai è un libera tutti, senza limiti definiti, comprensibili. C’è anche chi giustifica la svolta: dicono che sia la possibilità di scrivere e di dire «a prescindere», senza seguire il pensiero comune, scontato, ordinario, è la fantasia sciolta, è un volo senza paracadute. Raimondo Vianello avrebbe gradito, l’ironia del suo repertorio avrebbe trasformato in secondi cinque il troll in trolley.
La prevalenza del cretino è un buon libro di Fruttero e Lucentini, in questo caso trova conferma il titolo, non certo la filosofia, la sostanza. Gli internauti viaggiano liberi, spesso e volentieri nascosti dietro pseudonimi, soprannomi, è il prezzo che si paga a una vita di relazione che è ormai relativa, al posto del mittente di certo c’è soltanto il destinatario.
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