Sull’Irak il principe Andrea dichiara guerra a Bush

Il secondogenito della regina attacca a sorpresa il presidente Usa: «Gli americani non danno mai ascolto a noi che abbiamo più esperienza». Risposta: «Abbiamo già cacciato i suoi avi»

da Londra

Ah, se Washington avesse ascoltato i suggerimenti di Londra qualche volta almeno, in Irak non sarebbe finita così. La forma forse è stata un po’ più regale, ma la sostanza rimane questa. Il principe Andrea, fratello più giovane di Carlo e quarto in linea di discendenza al trono d’Inghilterra, la pensa esattamente così sull’attuale situazione in Irak. E di certo non l’ha mandato a dire. Infrangendo praticamente tutte le regole del più banale protocollo - quello diplomatico e quello non scritto della famiglia da cui proviene - in una rara intervista pubblicata ieri dall’International Herald Tribune e ripresa da tutti i giornali del Regno ha espresso giudizi pesanti sull’operato dell’amministrazione Bush riguardo alla situazione irachena: «In alcuni momenti, la gente del Regno Unito vorrebbe che chi occupa posti di responsabilità negli Stati Uniti ascoltasse e imparasse dalle nostre esperienze», ha dichiarato senza peli sulla lingua il secondogenito di Elisabetta che proprio ieri è partito per gli Stati Uniti per un viaggio in veste di rappresentante speciale del Regno Unito per il commercio internazionale.
Praticamente un attacco frontale, uno schiaffo a mano aperta al governo del Paese di cui lo stesso Andrea si è più volte dichiarato ammiratore. In molti ieri si sono chiesti come mai il mite ex marito di Fergie la Rossa, noto forse più per i suoi viaggi costosissimi e le serate da playboy che per i 22 anni trascorsi al servizio nella Royal Navy, abbia avuto l’ardire di uscirsene fuori con simili dichiarazioni. Il riserbo e il distacco della Famiglia reale nei confronti di argomenti politici è noto a tutti e perfino il governo dev’essere rimasto spiazzato di fronte ai giudizi di Andrea, tanto che ha preferito non commentarli.
Il pensiero del principe segue un filo molto logico a modo suo. Avendo avuto il suo Paese tante più esperienza in materia, il rampollo reale si chiede semplicemente perché gli americani non abbiano voluto fare tesoro dei consigli dell’alleato più fedele, ma anche più «saggio». «Se si guarda al colonialismo - ha spiegato - alle operazioni su scala internazionale, alla comprensione delle altre culture, si può capire come operare in una campagna militare contro la ribellione». E per quanto riguarda il caos dopo l’invasione irachena, si sarebbe potuto evitare se solo nella stanza ovale qualcuno avesse dato più retta ai suggerimenti di Londra. Le conseguenze in Gran Bretagna sono state evidenti. «È stato alimentato un sano scetticismo su tutto ciò che si decideva a Washington». Inutile dire che i cugini americani non hanno gradito. E mentre a Downing street qualcuno si è limitato a commentare «Ops, il principe è andato un po’ fuori dal seminato... », in America le sue sottolineature sono state descritte come «materia di competenza costituzionale».

«Il popolo americano preferirebbe non venir bacchettato da una monarchia i cui predecessori sono stati cacciati dal nostro paese da un bel pezzo», ha commentato secco ieri John Pike, direttore della commissione militare governativa per la Sicurezza globale.

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