Sulla tassa anti-inquinamento è guerra aerea tra Cina e Ue

Singapore«Si profila una nuova guerra commerciale tra Unione europea e Cina»: lo ha detto ieri Giovanni Bisignani, direttore generale uscente della Iata. Dall’inizio del 2012, infatti, entrerà in vigore una nuova tassa sulle emissioni di CO2 che l’Europa applicherà a tutte le compagnie aeree extraeuropee che toccheranno il suolo del nostro Continente.
Oltre 100 Paesi hanno già fatto sapere di ritenere la norma illegittima. Ma i cinesi («che sono sempre più consapevoli del proprio potere sul piano internazionale», ha osservato), la settimana scorsa sono volati a Bruxelles per minacciare ritorsioni: «Se voi applicherete la tassa - è stato, in sintesi il loro avvertimento - noi chiuderemo lo spazio aereo cinese ai vettori europei».
Significa che Lufthansa, Air France, oggi persino l’Alitalia (che ha già programmato il volo per Pechino), dovrebbero rinunciare ai propri collegamenti e i passeggeri europei per raggiungere la Cina dovrebbero utilizzare soltanto vettori extracomunitari. Impensabile. Quanto valga la tassa in termini economici non è ancora stimabile, ma è prevedibile che nei prossimi mesi su questo tema si dispiegheranno le iniziative diplomatiche della Iata, che riunisce i 230 vettori più importanti del mondo. Un compito che Bisignani lascia al suo successore, Tony Tyler, perché con l’assemblea annuale apertasi ieri a Singapore scade il suo mandato. Bisignani, in carica dal 2001, ha guidato l’associazione in un percorso di evoluzione e di riorganizzazione, e ieri è stato salutato dai delegati con un lungo applauso di ringraziamento.
In questi primi mesi dell’anno il trasporto aereo ha nuovamente rallentato la sua corsa, che nel 2010 era stata brillante, con 18 miliardi di dollari di utile complessivo. Le ultime stime, diffuse ieri, riducono le previsioni di utile per l’anno in corso: dagli 8,6 miliardi di dollari previsti solo in marzo, oggi si è passati a 4 miliardi, il 78% in meno rispetto allo scorso anno. Su un fatturato complessivo che si aggirerà intorno ai 600 miliardi, il margine sarà dunque dello 0,7%: «I numeri sono quelli di un’industria molto fragile, gravata inoltre da 210 miliardi di debiti. Se dovesse abbattersi sul trasporto aereo una nuova crisi, molte compagnie potrebbero non superarla» ha avvertito Bisignani. Le cause del «downgrade» sono numerose e sotto gli occhi di tutti: la crescita del prezzo del petrolio, il disastro del Giappone, i sommovimenti nell’Africa del Nord, un aumento generalizzato delle tasse. «Il Giappone - ha spiegato Bisignani - vale da solo il 10% dei ricavi mondiali, mentre le vicende africane hanno avuto conseguenze soprattutto sul prezzo del greggio, che pesa per il 30% sui costi delle compagnie. L’aumento di un dollaro a barile si traduce in un maggiore esborso di 1,6 miliardi per le compagnie». Bisignani ha avuto parole dure per l’Europa («priva di leadership e di visione comune non solo per euro, immigrazione e Libia, ma anche sui temi del trasporto aereo») i cui governi nel 2011 hanno aumentato le tasse alle compagnie per circa 6,5 miliardi («più di tutti gli utili previsti quest’anno»).
Le linee dello sviluppo sono comunque chiare: è l’Asia la prima area, con il 26% di quota mondiale contro il 25% degli Stati Uniti; la Cina è il secondo mercato interno, con 230 milioni di passeggeri; Air China è la compagnia che vale di più in Borsa, 21 miliardi di dollari. Nel 2014 l’Asia avrà il 30% del mercato mondiale, la Cina cresce a un ritmo del 12% all’anno, l’India, che oggi ha meno di 50 milioni di passeggeri sul mercato interno, cresce quest’anno del 26%.


Bisignani ha risposto anche a una domanda sul futuro di Alitalia: «Vettori di quelle dimensioni non possono restare soli, specie in un contesto così difficile. Ma il successo di Swiss, acquistata da Lufthansa e da questa rivitalizzata, è un buon esempio da seguire».

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