Il summit Prima vittoria dell’Italia: a Napoli il cervello di «no-fly zone»

RomaMentre le sorti di Gheddafi venivano decise nel palazzo dell’Eliseo, i primi cinque caccia francesi Rafale si levavano in volo dalla base di Saint Dizier alla volta della Libia per le manovre di ricognizione. Al tavolo di Nicolas Sarkozy, riuniti per una «colazione di lavoro» cruciale per la storia di Tripoli e del suo regime, 18 tra capi di Stato e di governo (tra cui Berlusconi, Merkel, Cameron), il segretario di Stato americano Hillary Clinton, il numero uno della Lega Araba Amr Moussa, il segretario dell’Onu Ban-ki Moon, presenti tutti gli organismi sovranazionali, compresa la Ue con il presidente del consiglio europeo, il belga Herman Van Rompuy.
La dichiarazione finale era solo da confermare, un prevertice Clinton-Sarkozy-Cameron aveva impostato la linea: attacco aereo alla Libia. Le ultime notizie di una Bengasi assediata dalle truppe del Colonnello e di intensi bombardamenti a Misurata e Zenten hanno semplicemente reso meno brutale l’annuncio da Parigi, dato da Sarkozy a conclusione del summit poco dopo le 15.30: i Paesi che hanno partecipato al vertice hanno deciso «insieme di assicurare l’attuazione della risoluzione Onu per porre fine alle violenze contro i civili in Libia», con «tutti i mezzi possibili, anche militari». Quindi la conferma: «Nostri aerei preverranno tutti gli attacchi libici».
Francia e Gran Bretagna in prima linea, la Germania non partecipa, l’Italia offre le sue basi ma soprattutto supervisiona il cuore dell’operazione della no-fly zone: l’aeroporto militare di Napoli Capodichino è stato eletto sede «del coordinamento di questa missione internazionale - ha informato il ministro degli esteri Franco Frattini in serata -. Lì arriveranno i dati e lì si deciderà dove e quando colpire». L’Italia non impiega subito i suoi caccia in Libia ma offre un supporto strategicamente fondamentale.
Da Sarkozy, l’ultimo avviso a Gheddafi: «Ha avuto il tempo per evitare il peggio, e ne ha ancora. Le nostre porte non sono definitivamente chiuse». Ma «in assenza di un cessate il fuoco immediato, ricorreremo alla forza». Gheddafi «ha mentito alla comunità internazionale, è ora di passare all’azione», ha confermato Cameron. Gli Stati Uniti «non manderanno truppe ma useranno tutta la loro capacità militare», ha ribadito Hillary Clinton. È comunque di «importanza storica» il fatto che «La Lega araba abbia chiesto l’intervento delle Nazioni unite».
Il vertice di Parigi non è stato in realtà un incontro del tutto armonioso. Il primo segnale lo ha dato la lista dei partecipanti: nell’elenco nessun rappresentante dell’Unione Africana. La Ua vuole perseguire la strada della diplomazia. Riunione separata, dunque, in Mauritania. Oggi una delegazione volerà a Tripoli per aprire il dialogo con il regime. E l’Europa non è completamente unita. Lo è nella condanna di quanto Gheddafi sta facendo, non nella necessità immediata dell’uso della forza. «Bisogna agire ora», ha confermato Van Rompuy. Ma il vertice di ieri ha sancito la lacerazione tra Francia e Germania. Il cancelliere Angela Merkel ha ufficializzato il non intervento: la Germania non partecipa ad azioni militari. Offre gli aerei Awacs di ricognizione per pattugliare l’Afghanistan, in modo da sostituire forze statunitensi ora destinate alla Libia. Ma nessun intervento diretto. Una posizione del genere, ha scritto il quotidiano le Monde in un durissimo editoriale, «può essere percepita come un’assenza di solidarietà, se non di maturità».


La decisione del vertice all’Eliseo ha avuto comunque il pieno avallo dell’Onu. Il segretario generale Ban Ki Moon ha definito «preoccupante» l’atteggiamento di Gheddafi: «È difficile credere ai leader di Tripoli. Non c’è fiducia nel loro modo di agire».

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