Il suo Bip figlio di Pierrot e del melodramma

Marcel Marceau aveva creato il suo personaggio Bip nel 1947 e da allora la sua storia professionale è stata legata a questa maschera con il volto bianco di gesso, segnato sugli occhi da due accenti circonflessi che rattrappivano o si allargavano seguendo il flusso delle emozioni, delle parole non dette. Spesso aveva un cappello con un fiore, il rossetto ingigantiva le labbra o le lacerava ancor di più quando si piegavano nelle smorfie.
Con la quarantina di pantomime create su Bip, Marceau è diventato il poeta del silenzio capace di raccontare la realtà senza neanche sussurrare una sola parola. Il suo personaggio è un’emanazione di Pierrot, della sua capacità di spiegarsi semplicemente piegando o distendendo le sopracciglia. E di Charlot, naturalmente. «Ma al di là della componente storico tragica - ricordava Marceau - certi personaggi della pantomima sono impastati di melodramma, figli di Victor Hugo e dell’opera italiana».

E di sicuro - lui stesso lo ha ammesso - è stato suggestionato dal personaggio recitato da Jean Louis Barrault in Amanti perduti del 1945: difatti in quel dinoccolato Baptiste Debureau c’è molto del Marcel Marceau che verrà di lì a poco. E chissà che la lezione di Bip, l’eroe del silenzio che parla, non torni di nuovo attuale nell’epoca dei discorsi che non dicono nulla.

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